Ad ammettere l'esistenza dell'organizzazione composta da italiani, tra cui un agente e tre ex poliziotti, e immigrati, ed a spiegarne il funzionamento, è stato, durante l'interrogatorio, Mounir Grine, 36 anni, anche lui arrestato da Gico e Polizia in un blitz congiunto dello scorso 23 maggio.
L'avvocato di Grine ha rinunciato a ricorrere al Riesame, in quanto il suo cliente ha confessato, e fatto istanza di scarcerazione al gip. Nella documentazione integrativa consegnata ieri dagli inquirenti figurano anche delle intercettazioni, risalenti ad aprile, le quali inducono a ritenere che la compravendita dei permessi di soggiorno è proseguita fino al momento degli arresti. Consegnate anche alcune agende sequestrate agli indagati durante le perquisizioni su cui sono riportate decine di numeri di pratica in corrispondenza a somme di denaro. Grine, che inizialmente faceva il collaboratore domestico per uno dei poliziotti arrestati, ha spiegato il «sistema» e riferito di essere stato cooptato nella cosiddetta banda dei permessi di soggiorno dal suo datore di lavoro. L'immigrato ha anche detto di essersi poi tirato indietro, circa un anno fa, dopo essersi reso conto che attraverso quel sistema potevano approdare in Italia soggetti estremamente pericolosi. La Procura ha fatto appello per chiedere l'applicazione di una misura cautelare ad altri tre indagati. Lunedì è attesa la decisione del Riesame in merito al ricorso presentato dai legali di altri due indagati.