Persa la posta del detenuto nel carcere di Secondigliano: da 17 anni attende i danni

Persa la posta del detenuto nel carcere di Secondigliano: da 17 anni attende i danni
di Viviana Lanza
Domenica 2 Giugno 2019, 09:00
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Quando fu presentata la denuncia correva l'anno 2002. Era il 21 giugno quando un pacco, spedito da un detenuto del carcere di Secondigliano per far arrivare alla moglie e ai figli che lo aspettavano a casa giocattoli, fotografie e lettere, non fu consegnato e andò distrutto. La storia finì in tribunale e ancora è lì nonostante siano trascorsi diciassette anni dai fatti. La causa, infatti, intentata contro Poste italiane da Giampiero Sessa, il 46enne napoletano che durante la detenzione in carcere spedì il pacco per i suoi familiari, è ancora in corso, e ancora nella fase del giudizio dinanzi al giudice di pace. Tra una decina di giorni, salvo nuovi imprevisti, si dovrebbe entrare nel vivo dell'istruttoria con la testimonianza in aula di uno dei testi che Sessa, assistito dagli avvocati Angelo e Sergio Pisani, ha dovuto indicare al giudice che ha disposto la prova testimoniale per verificare il danno subìto dall'utente.
 
«Al danno si aggiunge la beffa» commenta l'avvocato Pisani sottolineando come a distanza di tanti anni diventa difficile ricordare nei minimi dettagli i fatti utili a fornire la prova del danno che si ritiene subìto. A far dilatare i tempi del procedimento, oltre ai rinvii a lungo termine, ci si è messo anche lo smarrimento del fascicolo. Ma andiamo con ordine. Il 21 giugno 2002 il pacco che Giampiero Sessa spedisce ai suoi cari non arriva a destinazione. L'uomo in quel periodo è detenuto per l'accusa di rissa. Nel pacco ci sono giocattoli e messaggi, foto e lettere, che a suo dire dovevano dimostrare i propri sentimenti nei confronti della compagna e dei bambini che erano a casa. Sessa racconta di aver avuto problemi familiari per via di quel pacco mai arrivato, perché chi lo attende inizialmente scambia quel silenzio per disinteresse e pensa che il detenuto non l'abbia proprio spedito. Invece il pacco va smarrito e si scoprirà solo in un secondo momento che è finito al macero delle Poste. Sessa chiede il risarcimento del danno alle Poste, sostenendo che la spedizione sia avvenuta in perfetta regola, con tanto di mittente indicato e pegamento effettuato. Il tentativo di conciliazione non va a buon fine e si va davanti al giudice di pace. Dopo la prima udienza arriva il primo rinvio, con nuova udienza a distanza di tre anni.

I tempi si allungano fino alla scoperta che il fascicolo non si trova più: smarrito. Lo si cerca nelle cancellerie ma senza successo, e non resta quindi che ricostruirlo, il che equivale a ripartire da zero. Intanto passano gli anni perché i tempi della giustizia civile sono lunghi e i rinvii anche a un anno possono diventare più o meno la normalità. Si arriva, infine, all'udienza del prossimo 12 giugno: in calendario c'è l'esame dei testimoni. «È assurdo essere ancora nella fase dell'istruttoria dopo quasi vent'anni» dice l'avvocato Angelo Pisani, come presidente di Noiconsumatori e legale del protagonista di questa storia. «Tutto ciò - aggiunge ironicamente - dimostra che anche il sistema giustizia dovrebbe munirsi di polizza assicurativa come imposto ai professionisti per risarcire i frequenti danni provocati ai cittadini, spesso già vittime innocenti, danneggiate da condotte ingiustificabili».
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