Napoli, il pm giovanile Galante Sorrentino: «Via i bimbi da Gomorra, così salviamo i più deboli»

Napoli, il pm giovanile Galante Sorrentino: «Via i bimbi da Gomorra, così salviamo i più deboli»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 8 Agosto 2022, 10:04 - Ultimo agg. 9 Agosto, 08:50
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Bambini armati o impegnati a confezionare dosi di droga? Non ha dubbi il pm minorile Emilia Galante Sorrentino, da cinque anni impegnata sul fronte rovente dell'emergenza giovanile, come pm della Procura di Maria De Luzenberger: «La salvezza è l'allontanamento dalle famiglie. Mi chiedo, e lo faccio alla luce dell'esperienza quotidiana sedimentata in questi anni, quando il bambino partecipa al confezionamento di bustine, che ragazzo verrà fuori? Un potenziale delinquente. L'alternativa è collocarlo in comunità, anche fuori regione, in modo che possa conoscere una realtà a lui sconosciuta».

A Torre Annunziata, madri indagate perché usavano i figli come pusher se non addirittura per confezionare dosi di stupefacenti, poi quell'immagine del bimbo con la pistola postata dalla madre, qual è la riflessione di un magistrato impegnato su un fronte tanto delicato?
«Sono realtà che putroppo conosciamo.

Sui social passa di tutto, spesso - quando non è possibile individuare una fattispecie penale - apriamo fascicoli civili, per accendere un faro su nuclei familiari quanto meno a rischio».

E qual è la conclusione?
«Penso che quando ci sono scenari del genere, improntati a una cultura dell'illegalità o a una struttura mentale segnata da valori distorti, dovremmo essere più incisivi e chiedere più spesso l'allontanamento dei figli dalle famiglie di origine. Da madre e da cittadina, prima ancora che da magistrato minorile, so perfettamente quanto è grave ciò che sto dicendo, ma si tratta di interventi che lo Stato deve mettere in campo nell'esclusivo e preminente interesse del minore. In alcuni casi, il destino sembra segnato, abbiamo il dovere di fornire un'alternativa agli occhi del ragazzino: formazione, sport, ricreazione, lavoro, passione per le cose belle che la vita e la società sanno offrirci».

Napoli, assieme a Reggio Calabria, si è distinta qualche anno fa in un intervento rigoroso e drammatico, nel corso di un'inchiesta a carico dei pusher di Pizzofalcone, revocando la potestà genitoriale a quanti usavano i figli per impacchettare cocaina. Qual è il bilancio?
«Non intervengo mai su vicende investigative o processuali aperte, non mi esprimo sul caso di specie a cui lei fa riferimento. Le posso dire però che il feedback registrato fino è stato positivo, innanzitutto per loro, per i ragazzi».

In che senso?
«Alcuni colleghi del nostro uffico hanno di recente incontrato dei ragazzi che da qualche anno erano stati trasferiti in Emilia Romagna. Ebbene, ci hanno ringraziato. È stato un momento molto toccante per tutti, perché ci hanno detto che si sentivano salvati dal nostro intervento, dal momento che - nei loro nuclei familiari - avrebbero avuto una vita segnata, destinata a uno sbocco negativo».

Ma cosa fanno questi ragazzi nelle strutture emiliane?
«Studiano, fanno sport, viaggiano, imparano lingue, apprendono mestieri, conducono una vita al riparo dalla droga, dalle faide, dallo sfruttamento, dalla violenza. E le assicuro che non è poco. In alcuni casi, l'intervento dello Stato, per quanto duro possa sembrare, rappresenta una chance formidabile per sradicare i cittadini di domani da contesti a rischio. È necessario che, dopo l'intervento del magistrato, subentri la risposta formativa, altrimenti la frustrazione del minore è doppia e il nostro intervento è controproducente».

Sul Mattino di oggi, il vescovo insiste sulla necessità di credere nel patto educativo. Come risponde a questo richiamo?
«Tutto ciò che va in questa direzione è auspicabile. Sono convinta dell'importanza di rispondere ogni giorno all'appello del vescovo don Mimmo Battaglia. E lo dico anche alla luce della ripetuta richiesta fatta dal nostro ufficio a fare in modo che scuole e famiglie segnalino i casi di maggiore criticità, per una prevenzione reale, capace di evitare episodi drammatici come quelli che scandiscono la nostra cronaca».

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