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Napoli, corteo in moto senza casco per ricordare il giovane boss ucciso

Vincenzo Costanzo vittima di un agguato un mese fa durante la festa per lo scudetto del Napoli

Un frame dai video postati su TikTok
Un frame dai video postati su TikTok
di Giuseppe Crimaldi
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 7 Giugno 2023, 23:40 - Ultimo agg. : 9 Giugno, 07:26
4 Minuti di Lettura

Una sfilata per “commemorare” il baby boss ucciso il cinque maggio durante i festeggiamenti per lo scudetto. Cori, lacrime, striscioni e persino palloncini bianchi fatti levare al cielo nella notte di Ponticelli: nel quartiere della periferia orientale della città dov’è in coorso una sanguinosa faida di camorra la percezione della legalità mostra la stessa cifra con la quale si onora il decoro civile: è pari allo zero.

Ponticelli come Gomorra? Ci siamo molto vicini, a giudicare dalle immagini e dai video postati sul sempre più invasivo (e senza regole) TikTok da chi si autoesalta in quella melassa amara che è la sottocultura camorrista. E devono far riflettere, quelle scene andate in onda l’altra notte tra i viali del rione Conocal, con tanto di corteo di moto e sfilate per commemorare il trigesimo della morte di Ciculì, al secolo Vincenzo Costanzo, figlio di Maurizio, uno dei pezzi da novanta della camorra di Ponticelli, oggi agli arresti domiciliari per motivi di salute.

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A denunciare questa ennesima discesa in piazza che tende ad esaltare il ruolo di uno dei tanti, troppi ragazzi napoletani nati e cresciuti in contesti di assoluta illegalità è stata la giornalista Luciana Esposito, autrice del libro “Nell’inferno della camorra di Ponticelli”, da sempre in prima linea su una delle trincee più difficili del nostro territorio (che per portare avanti le sue battaglie sulla legalità a Napoli venne venne aggredita al Parco Merola di Ponticelli nel dicembre del 2015, e coraggiosamente riuscì a denunciare e a far condannare gli assalitori). La notizia diffusa dalla giornalista è stata poi ripresa dal parlamentare dell’Alleanza Verdi-Sinistra, Francesco Emilio Borrelli.

Il tributo post mortem di Costanzo è documentato da foto e video nei quali compaiono alcune decine di giovani che, dopo essersi radunati in una piazzetta del rione indossando magliette bianche con il nome della vittima ed uno striscione sul quale si legge “Vincenzo vive”, salgono a bordo di moto per inscenare un vero e proprio corteo. Tutti - ma questo, alla fine, è solo un dettaglio rispetto al contesto generale - senza il casco protettivo percorrono i viali del Conocal inneggiando alla giovane vittima caduto in un agguato dal chiaro stampo camorristico, nei pressi del corso Garibaldi. 

«Quelle che vedete non sono scene di “Gomorra”, ma il corteo-tributo andato in scena ieri pomeriggio (lunedì, ndr) nel Conocal di Ponticelli, in occasione del trigesimo di Vincenzo Costanzo, il ras del rione ucciso in un agguato di camorra lo scorso 5 maggio, durante i festeggiamenti per la vittoria del terzo scudetto del Napoli - ha commentato sui social la giornalista - Un fragoroso corteo di moto e scooter ha marcato il controllo del territorio, decine di persone hanno sfilato tra le strade del rione indossando delle t-shirt bianche sulle quali era stampato il volto di Costanzo, il consueto volo di palloncini bianchi, una foto di Costanzo racchiusa in una grossa cornice portata in gloria come un trofeo, uno stendardo. Il frastuono degli scooter, gli applausi e la sguaiata irriverenza della camorra». 

 

Parole riprese anche da Borrelli: «La non-cultura della violenza, della sopraffazione, dei guadagni facili, cioè quella della camorra, si guadagna sempre più spazi all’interno del nostro territorio, della nostra società. Questo perché per decenni si è sottovalutato il problema, in alcune città ancora lo si fa, dove persino i sindaci negano la presenza della criminalità organizzata nonostante le evidenze. La negazione, l’omertà, lo Stato voltato dal altre parte, il disagio sociale, sono stati da sempre l’humus che ha alimentato la radicalizzazione della camorra e dei suoi effetti culturali e sociali». 

Video

I social - conclude Borrelli - utilizzati in un certo modo sono diventati cassa di risonanza della mentalità criminale che ha fatto breccia, più che nel passato, nelle menti di tantissimi giovani delle realtà difficili che, affascinati dal ‘potere’ dei boss e inibiti alla legalità dalla mancanza di opportunità, scelgono sempre più la strada della delinquenza. Il nostro Osservatorio su Tik Tok mostra quanto sia forte per i clan il potere dei social network per reclutare nuove leve, fare propaganda e lanciare messaggi ai rivali e allo Stato». Per la cronaca, ieri cadeva il settimo anniversario della morte di Ciro Colonna, anche lui di Ponticelli, vittima innocente di un agguato camorristico ucciso “per errore” dai killer: ma per lui non si sono viste folle di ragazzi scesi in strada per onorarne la memoria.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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