Decorrenza e prescrizioni sono da tempo al centro del dibattito giudiziario. L'anno giudiziario appena concluso si era aperto con un allarme dell'allora presidente della Corte d'Appello Antonio Bonajuto (che a dicembre ha lasciato la magistratura dopo 49 anni di carriera) su «preoccupante incremento della prescrizione», «logorante lentezza della fase dibattimentale del processo penale» e «eccessiva mobilità dei magistrati favorita da una normativa secondaria poco attenta ai bisogni dell'utenza e alla stabilità dei collegi». Sta di fatto che negli ultimi mesi a Napoli sono tornati liberi personaggi che inchieste dell'Antimafia indicano come criminali pericolosi, tra vecchi capizona con ambizioni da nuovi boss e giovani affiliati pronti a farsi spazio con il ricorso alla violenza più cieca. I clan hanno alzato i calici e brindato più volte a scarcerazioni anzitempo. Il caso più recente riguarda Salvatore Barile, alias Totoriello, uscito di galera per decorrenza dei termini a fine novembre nonostante una condanna per reati di associazione camorristica per il suo legame, non solo di parentela, con i Mazzarella. E proprio su di lui, e sui fedelissimi che avrebbe raccolto a sé, si stanno concentrando le indagini sull'omicidio di Maikol Giuseppe Russo, assassinato nella notte di San Silvestro in piazza Calenda, a Forcella, vittima per errore di affiliati armati scesi in piazza per un'azione di forza contro i Giuliano di ultima generazione.
Da ottobre sono liberi anche i «barbudos», scarcerati per decorrenza dei termini a sei mesi dall'arresto per armi.
Sono quattro giovani del rione Sanità - Raffaele Cepparulo, Salvatore Basile, Agostino Riccio, Francesco Spina - accusati di far parte di un gruppo che mira al controllo del malaffare tra i vicoli del centro storico, è in guerra con i Giuliano-Sibillo e si distingue per il look islamico con barbe folte e i nomi dei propri morti ammazzati tatuati sul corpo. A San Giovanni a Teduccio, invece, per un calcolo sull'incidenza dei giorni di astensione degli avvocati nella valutazione dei tempi processuali sono tornati liberi, prima della sentenza, gli imputati di un processo per camorra, tra cui i boss D'Amico, Salvatore e Gennaro, indicati ai vertici del clan di famiglia fino al 2009 costola della storica cosca dei Mazzarella e poi autonomi, secondo la ricostruzione della Dda, nella gestione delle estorsioni.