La pistola del padre: così s'è ucciso il prof del liceo Vico accusato di abusi sulle studentesse

La pistola del padre: così s'è ucciso il prof del liceo Vico accusato di abusi sulle studentesse
di Viviana Lanza
Lunedì 17 Giugno 2019, 07:30 - Ultimo agg. 18 Giugno, 08:11
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L'autopsia sarà eseguita molto probabilmente questa mattina, e appare più come atto dovuto e come prassi prevista in casi del genere, visto che non sembrano esserci dubbi sulle cause della morte del professore di liceo trovato senza vita nella sua casa a Quarto, dove da mercoledì era agli arresti domiciliari per presunti rapporti con due studentesse minorenni. Il professore si è tolto la vita sabato pomeriggio, intorno alle 14, sparandosi un colpo di pistola al petto dopo aver scritto una lettera di addio ai suoi cari in cui si fa inevitabilmente riferimento agli ultimi fatti che lo avevano travolto (ma, per quanto si è saputo, senza accuse e senza polemiche), e si indicano le sue ultime volontà per i figli. In parte si è anche risolto il giallo dell'arma: il professore ha usato una vecchia pistola appartenuta in passato, e legalmente, al padre. Resta, tuttavia, da capire se qualcuno sapeva della presenza dell'arma in casa e come mai il professore ne fosse in possesso pur essendo ai domiciliari per accuse tanto delicate. Gli inquirenti stanno indagando sugli ultimi giorni del professore 53enne Vincenzo Auricchio, sulle sue ultime ore di vita. A lungo sono stati ascoltati alcuni familiari del docente, proprio per fornire indicazioni utili alle indagini, nonostante il comprensibile choc e l'immane dolore che stanno vivendo.
 
Ci sono tanti ancora interrogativi che ruotano attorno a questa che è al tempo stesso una tragedia umana e un caso giudiziario. Come mai il professore aveva una pistola in casa? Come si è procurato il proiettile? Cosa lo ha spinto al gesto estremo? C'è chi parla di gogna mediatica, chi di un gesto di disperazione per essersi visto notificare una misura cautelare agli arresti domiciliari per accuse che nessun docente vorrebbe mai vivere, chi parla di sconforto di fronte al pensiero che la sua tesi difensiva, quella di un presunto hackeraggio del proprio account, sostenuta in un primo confronto nel corso delle indagini, probabilmente non sarebbe stata considerata attendibile. Del resto sembra che una perizia disposta dalla Procura avesse escluso una intrusione di hacker. Ma la difesa del prof, che in queste ore di cordoglio e di ricordo è stata sostenuta anche da vari colleghi e alunni del docente, puntava soprattutto al fatto che i messaggi hot finiti al centro dell'inchiesta potevano essere stati inviati a sua insaputa, essendo più volte accaduto che il professore avesse lasciato il proprio tablet sulla cattedra, in classe o nella scuola.

Ora tutti si augurano di conoscere la verità. Ma le indagini, con la morte del professore, potrebbero fermarsi. È una possibilità, non è ancora detto. Se così fosse rimarrebbe per sempre il dubbio sulle accuse che lo hanno coinvolto. Al momento risulta ancora aperta l'inchiesta sui presunti rapporti del prof con due studentesse, quindicenni all'epoca dei fatti e amiche fino a prima di scoprire che entrambe erano in confidenza con il docente di matematica, almeno secondo la ricostruzione accusatoria. Come si evolverà questa vicenda umana e giudiziaria è presto per dirlo. Si esclude un'indagine per istigazione al suicidio. Al vaglio degli inquirenti c'è il contenuto della lettera di addio scritta dal professore prima di togliersi la vita, c'è la dinamica del suicidio avvenuto sabato a ora di pranzo quando il docente si è allontanato dall'appartamento dove era ai domiciliari raggiungendo la cantina di nascosto dai familiari che erano con lui per mettere in atto il piano. Un piano non si sa se meditato da giorni o deciso in pochi attimi, mentre il peso dell'inchiesta si faceva sempre più pesante e l'iter giudiziario aveva imboccato il suo naturale corso con l'interrogatorio di garanzia previsto dopo la notifica della misura cautelare agli arresti domiciliari e il possibile ricorso al Riesame da valutare con il proprio avvocato difensore, seguendo il percorso dell'inchiesta penale.

È mercoledì 12 giugno quando i carabinieri notificano al professore la misura degli arresti domiciliari. Per il 53enne, docente di matematica per anni in servizio al liceo Giambattista Vico, uno dei più noti licei della città, in via Salvator Rosa, è un duro colpo. Sa già dell'indagine in corso, ha avuto modo di spiegare la sua posizione e offrire la propria difesa, e da due mesi non è più in cattedra al Vico essendo stato trasferito.

Ma ricevere il provvedimento cautelare deve essere stato difficile, come leggere nero su bianco le accuse per l'ipotesi di atti sessuali con minorenni che considera reato, a prescindere dal consenso delle parti, il rapporto tra un minore di 16 anni e un adulto a cui il minore viene affidato per ragioni di cura, istruzione, educazione o vigilanza. L'accusa stravolge la vita del professore e della sua famiglia. Lui, il professor Auricchio, descritto da tutti quelli che lo hanno conosciuto, fra colleghi, alunni, ex alunni e vicini di casa, come un uomo timido e perbene e un docente stimato e benvoluto da tutti. Lui finito al centro di un'inchiesta delicata per messaggi che, nella ricostruzione investigativa, lascerebbero ipotizzare una relazione con due studentesse e al centro del gossip della scuola dove da mesi, ancor prima della misura cautelare, era nota la vicenda che coinvolgeva due ragazze e l'ex docente. «Non è possibile, quelle accuse non possono essere vere, non ci credo» dicono in tanti tra colleghi e studenti. Quando Auricchio è stato trasferito e la notizia delle indagini ha cominciato a circolare, una ventina di professori dell'istituto hanno inviato una lettera in Procura per difendere l'integrità del collega. Ma la vera levata di scudi c'è stata alla notizia della sua morte: n tantissimi hanno dimostrato stima, affetto e solidarietà al professore che ormai non c'è più.

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