Stesa ai Quartieri Spagnoli, l'ipotesi: avvertimento per Ciro Mariano

Stesa ai Quartieri Spagnoli, l'ipotesi: avvertimento per Ciro Mariano
di Viviana Lanza
Venerdì 1 Febbraio 2019, 23:02 - Ultimo agg. 2 Febbraio, 14:28
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Il calendario segna il 31 gennaio, San Ciro. Gli inquirenti, che lavorano al caso delle ultime stese nel centro storico, indagano anche sulla possibilità che questa data possa non essere stata scelta a caso. Sono intanto già certi che il luogo dove sono stati trovati i bossoli rientri in un preciso disegno criminale, con l’obiettivo di lanciare un messaggio a Ciro Mariano, il vecchio boss della camorra dei Quartieri Spagnoli. L’ipotesi è al vaglio degli 007 dell’Antimafia che indagano sulla scorribanda armata di giovedì sera in vico Colonne a Cariati.
 
La stesa, avvenuta poco prima delle 23, ha lasciato a terra otto bossoli. In uno dei palazzi di quel vicolo abita Ciro Mariano. Per chi indaga è strano che sia solo una coincidenza. Mariano, per tanti ’o picuozzo, è tornato a vivere lì da aprile scorso, da quando fu scarcerato dopo oltre vent’anni di ininterrotta detenzione. Attualmente è libero. Ha solo un processo che sta per concludersi in Appello, nel quale la Procura generale ha chiesto per lui la condanna e il carcere, ritenendo che la lunga reclusione non abbia ostacolato la sua leadership. Il processo è quello sugli affari imprenditoriali del clan e sul progetto di nuova espansione che il fratello di Ciro, Marco Mariano, aveva attuato prima di essere arrestato e diventare collaboratore di giustizia. Da questa accusa, in primo grado, Ciro Mariano fu tuttavia assolto.

Ma processi a parte, in strada, nei vicoli, il suo nome ha ancora una certa eco. Lo leggi, impresso con la vernice dei murales, sui muri dei palazzi ai Quartieri. E avverti, dai racconti della gente del luogo, che quel nome è parte di un passato che conserva ancora radici nel presente. Ma di che radici si parla? Le indagini sono orientate ad accertarlo. 

Gli inquirenti sembrano convinti che la scarcerazione di Mariano non sia passata inosservata e senza ripercussioni sulla stabilità criminale del centro storico. Chi può avercela con il vecchio boss o con qualcuno a lui molto vicino? Le voci, nei vicoli dove il sole fatica a entrare, si rincorrono veloci. Potrebbe essere stata messa a rischio, o addirittura essere saltata, una sorta di pax mafiosa su cui negli anni scorsi tra famiglie di diverso calibro criminale si erano costruiti fragili equilibri nella spartizione degli affari illeciti del centro di Napoli, dai Quartieri al Cavone, dalla zona a ridosso di via Chiaia al Pallonetto. Del resto, che in zona ci sia nuovo fermento è un dato emerso dal ripetersi delle stese nel centro antico e dall’agguato in cui appena una settimana fa, tra vico Emanuele De Deo e vico Canale a Tavernapenta, è rimasto ferito un fedelissimo proprio dei Mariano.

Piazza Trieste e Trento è una delle aree che fa più gola ai clan del centro. Nel fine settimana c’è la movida, per il resto è zona di affari che possono rendere molto anche ai boss. I clan si contendono soprattutto la gestione dello spaccio di droga da quelle parti. Le stese degli ultimi tempi potrebbero inserirsi nei tentativi di mostrare i muscoli per ristabilire rapporti di forza nella divisione del malaffare. Sullo sfondo, poi, resta lo storico e mai sopito scontro tra i clan dei Quartieri Spagnoli e quelli del Pallonetto di Santa Lucia, un conflitto che nel 2009, con la sparatoria in cui per errore fu ucciso Petru, il musicista romeno che suonava nell’atrio della Cumana di Montesanto, si scrisse una delle pagine più tristi della storia della città. L’altra sera ai Quartieri si è tornati a sparare e poco più tardi c’è stata una stesa anche in via Oronzio Costa. Indaga la squadra mobile diretta da Luigi Rinella. Sul campo ci sono investigatori esperti, che conoscono bene il territorio e le logiche seguite dalla camorra. 

Le paranze e i clan di giovanissimi non sono la vera camorra. Da più di un’indagine è emerso che la criminalità organizzata a Napoli è tutt’altro che frammentata, ha i tratti e il dna degli storici boss, il potere è sempre nelle loro mani. E quando c’è stato un ricambio generazionale ai vertici è stato solo per un passaggio di consegna a figli o nipoti. E’ soltanto la manovalanza a cambiare con più frequenza. In una recente relazione anche la Dia ha messo in guardia sul fenomeno: «Non devono essere ignorate le dinamiche di sodalizi che appaiono assenti e che, al contrario, operando lontano dai riflettori godono di tutti i benefici tattico-strategici che ne conseguono», sottolineando «la perdurante convergenza tra nuove aggregazioni e storiche organizzazioni della criminalità napoletana la cui mimetizzazione è frutto di una studiata strategia».
 
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