Movida a Napoli, parla il padre del 15enne accoltellato: «Mio figlio aggredito da un uomo incappucciato, servono più controlli»

Movida a Napoli, parla il padre del 15enne accoltellato: «Mio figlio aggredito da un uomo incappucciato, servono più controlli»
di Melina Chiapparino
Lunedì 25 Luglio 2022, 23:58 - Ultimo agg. 26 Luglio, 19:59
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«Ho sentito come un pugno in pancia». Le prime parole pronunciate dal 15enne napoletano, subito dopo essere stato ferito brutalmente domenica notte, sono state rivolte ai genitori per rassicurarli e cercare di capire, insieme a loro, cosa fosse accaduto. A distanza di poco più di 24 ore dal raid violento, Giuseppe Morra, padre del minore, non può tirare ancora un sospiro di sollievo ma con lucidità e forza d’animo, racconta l’incubo in cui è piombata la sua famiglia. 

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Può raccontarci che cosa è successo la notte di domenica?
«Alle 22.50 ho ricevuto un messaggio su WhatsApp da mio figlio per accordarci sul ritorno a casa: il padre di un amico del gruppo di coetanei con cui era uscito sarebbe andato a prenderli in auto, accompagnandolo vicino a Marano dove poi l’avrei prelevato io, per tornare insieme».

Poi che cosa è accaduto?
«Ci siamo scambiati diversi messaggi, non solo sull’organizzazione dei passaggi con i genitori ma, come accade abitualmente, mio figlio mi aveva anche detto di aver trascorso una serata tranquilla, raccontandomi cosa avevano fatto.

Stavo per scendere, così da passare a prendere anche mia figlia, prima di raggiungere lui e, invece, l’ho rivisto in ospedale». 

Come ha saputo dell’aggressione?
«Mi ha telefonato un signore, quello che ha soccorso mio figlio e gli è stato vicino fino a che non l’hanno trasportato in ospedale». 

Un passante?
«In realtà si tratta di un abitante in uno dei palazzi su vicoletto II San Giovanni Maggiore, dove è avvenuta l’aggressione. Questo signore ha assistito alla scena di violenza mentre era affacciato al balcone e si è precipitato in strada per aiutare mio figlio, lo ha rassicurato e poi, dopo avermi spiegato il motivo della chiamata, me l’ha passato al telefono».

Grande solidarietà per fortuna.
«Quest’uomo si è comportato come un vero padre di famiglia e voglio esprimergli pubblicamente tutta la mia gratitudine. Napoli è anche questo, è fatta di persone con un grande cuore Devo ammettere che aver sentito la voce di mio figlio, e sapere che fosse cosciente, mi ha rassicurato molto in quel momento». 

È riuscito a vedere suo figlio dopo l’aggressione?
«Insieme a mia moglie, siamo corsi all’ospedale Vecchio Pellegrini dove mio figlio ha ricevuto la prima assistenza. L’abbiamo visto subito e, inizialmente, quasi non trovavo le parole che invece avrei voluto dirgli. Per fortuna, era sveglio, lucido e cosciente anche se provato per l’accaduto. L’ho accarezzato e gli ho messo una mano in testa mentre lui cercava di spiegarci cosa fosse successo. Ci ha detto che gli è sembrato di ricevere un pugno in pancia e che, al momento dell’aggressione, non si era accorto di essere stato ferito. Mentre parlava con me e la madre, ho cominciato a sentirmi male. Sono cardiopatico e così i medici, quella sera, hanno assistito anche me. Sono stato su una barella, accanto a mio figlio».

Lei ha capito perché suo figlio è stato colpito?
«In realtà non l’ha capito neanche lui. Ci ha raccontato che, all’improvviso, un uomo incappucciato gli è andato addosso e l’ha colpito all’addome con forza. Lui credeva si trattasse di un pugno. Gli amici si sono accorti che perdeva sangue e sono stati sempre gli amici con cui era uscito, a riferire che si trattava di un uomo di colore ma nessuno ha idea del motivo per cui abbia subito un atto così brutale. Mio figlio si trovava insieme al gruppo di coetanei con cui esce solitamente, tutti bravi ragazzi e studenti. Non è accettabile che un figlio debba rischiare la vita per una semplice uscita con gli amici. Qui non si tratta solo di controlli ma anche di giovani che, oggi, sono più aggressivi».

I giovani sono più aggressivi?
«Mi riferisco ai ragazzi che esagerano col bere e con altre sostanze, così da perdere il controllo e diventare molto aggressivi fino a compiere atti di violenza. Fortunatamente mio figlio non è un giovane che beve, ama molto lo sport e ci comunica sempre dove si trova, accordando con noi l’orario di ritorno ma si sentono troppe storie di giovanissimi che accoltellano o feriscono coetanei. Ci vogliono più controlli delle forze dell’ordine ma anche più coscienza tra i giovani e le loro famiglie. Il sindaco di Napoli, ha fatto delle ordinanze sugli orari di chiusura dei locali ma, in realtà, i giovani hanno diritto a uscire e divertirsi, quello che deve essere garantito è che possano farlo in sicurezza senza rischiare di morire». 

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