Sushi killer, la Procura dopo i sigilli al locale: «Pesce senza tracciamento e nel congelatore niente termometro»

Sushi killer, la Procura dopo i sigilli al locale: «Pesce senza tracciamento e nel congelatore niente termometro»
di Leandro Del Gaudio
Sabato 18 Dicembre 2021, 10:43 - Ultimo agg. 29 Dicembre, 21:11
4 Minuti di Lettura

Per oltre un anno avrebbero venduto cibo ritenuto a rischio. Cibo non tracciato, di dubbia provenienza - parliamo per lo più di pesce da servire crudo - in condizioni igienico-sanitarie ritenute al limite. E non è tutto. Al netto della mancanza di tracciamento, ci sarebbe un nuovo aspetto da mettere in conto in questa maledetta storia napoletana: l'assenza di un termometro, strumento necessario quando si tratta di misurare la temperatura del food da impattare. Eccolo uno dei retroscena che hanno spinto gli inquirenti a firmare il sequestro del ristorante giapponese (ma gestito da un cittadino cinese) di via Bernini, il Sumo sushi (nella foto) nel corso di una indagine nata dalla morte di uno studente napoletano. Parliamo della morte di Luca Piscopo, il 15enne iscritto al Pansini, deceduto in circostanze che oggi - almeno secondo le prime conclusioni - sembrerebbero più chiare.

Omicidio colposo e commercio di sostanze pericolose sono le accuse mosse dai pm Federica D'Amodio e Luigi Landolfi, nel corso di una inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Simona Di Monte, sono due i punti che hanno spinto la Procura di Napoli a disporre i sigilli nel ristorante: da un lato un possibile nesso tra il pranzo del 23 novembre e il decesso del 2 dicembre dello studente, di fronte a una intossicazione di salmonella tifoide (salmonella entetetica); dall'altro, le condizioni igienico sanitarie che sarebbero state riscontrate nei due sopralluoghi messi a segno dai Nas nei giorni successivi al decesso di Luca.

Stando a quanto emerso finora, il cibo (pesce in particolare) era privo di tracciamento; mancava il termometro. Diversa la posizione del ristoratore cinese, che è assistito dal penalista Nunzio Giudice: le bolle di accompagnamento del cibo sarebbero attualmente nella disponibilità del commercialista; mentre lo scorso 23 novembre, a pranzo, avrebbero mangiato almeno una cinquantina di clienti. Fatto sta che non solo Luca è rimasto colpito da una infezione di salmonella. Anche due amiche hanno accusato malori, con febbre e diarrea, fortunatamente in una forma non letale.

Quindici anni, studente modella (aveva nove in Greco), profondamente appassionato di sport e del Napoli, disponibile e generoso. Così lo ricordano amici e parenti, che ora più che mai chiedono un processo giusto per individuare le dovute responsabilità.

Assistiti dalla penalista napoletana Marianna Borrelli, i genitori vivono in una sorta di limbo fatto di dolore e rimpianti: la sofferenza per il sorriso di Luca che non tornerà più, la rabbia per una morte tanto ingiusta; e la richiesta di verifiche nel circoscrivere le responsabilità individuali di questa vicenda. Sotto accusa la formula all you can eat, che consente a prezzo fisso (intorno ai 15 euro), di consumare tutto ciò che si riesce a mangiare.

Ma non è l'unico filone investigativo battuto in queste ore. Nell'ambito della stessa inchiesta, i pm hanno iscritto nel registro delle indagini anche il medico di famiglia di Luca, che sarebbe intervenuto con una terapia finalizzata a contrastare i sintomi della infezione che ha aggredito il ragazzino. Difeso dalla penalista Vittoria Pellegrino, il medico di base dovrà difendersi dall'accusa di omicidio colposo, in uno scenario che fa i conti con l'andamento ondulante dei sintomi che hanno aggredito Luca. Febbre alta e diarrea, poi - il penultimo giorno di vita - la temperatura che si avvicina ai valori normali, la speranza di una guarigione. Poi la morte. Tutto in nove giorni, quelli che hanno separato il pranzo dalla morte dello studente modello, sulla cui fine oggi in tanti chiedono giustizia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA