Napoli, l'Albergo dei Poveri in vendita: nell'edificio fantasma solo i terremotati

Napoli, l'Albergo dei Poveri in vendita: nell'edificio fantasma solo i terremotati
di Paolo Barbuto
Venerdì 17 Maggio 2019, 07:30 - Ultimo agg. 17:56
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A guardare l'immensa facciata bianca che domina piazza Carlo III, l'Albergo dei Poveri sembra un'opera straordinaria, magnificente, poderosa. A osservare il retro di quella facciata, invece, viene fuori la verità: è semplicemente un gigantesco rudere imbellettato con una minuscola porzione rinnovata.

Per scoprire cos'è realmente l'Albergo dei Poveri bisogna infilarsi dal portone di Via Bernardo Tanucci che conduceva agli ex uffici comunali e sbuca sul retro del palazzone. È solo arrivando lì dietro che ti rendi conto della fregatura; c'è una facciata con le stesse caratteristiche architettoniche di quella che si osserva dalla strada: è esattamente speculare, solo che questo lato di Palazzo Fuga non è stato imbellettato, è «al naturale», così com'è stato ridotto da decenni di degrado e di abbandono, cioè un rudere fatiscente.

Lì dietro ci sarebbero lavori in corso che vanno avanti da vent'anni ma non approdano a nulla perché i costi sono mostruosi. Così gli interventi si sono concentrati solo sulle «catene»: barre di ferro che reggono i muri opposti per evitare che ci siano crolli. Tutto qui.
 
Il Comune ha lanciato un Sos al Governo: perché non utilizzare quel gigante da centomila metri cubi per la realizzazione di un «federal building»? Si tratta di un progetto dello Stato per evitare sprechi, si utilizzano grandi edifici che appartengono alla gestione pubblica per destinarli a caserme, uffici di Governo, strutture pubbliche. Il progetto è stato presentato l'altro giorno al ministro Bonisoli che ha accolto con interesse la proposta.

C'è, però, un dettaglio non insignificante. In quella struttura fatiscente, c'è un ultimo piano nel quale abitano decine di famiglie che si insediarono lì dopo il terremoto. Per quelle casette disperate alcuni (non tutti) pagano anche un affitto al Comune. C'è, poi, anche il terrazzo nel quale c'erano le piccole cabine destinate a lavanderie e depositi: anche lassù ogni spazio è stato occupato. Insomma, nel palazzo rudere c'è un migliaio di persone che abita regolarmente: allo Stato il palazzo verrebbe ceduto con tutti gli occupanti?

Infilarsi nell'Albergo dei Poveri è complicato ma non impossibile. Il percorso all'interno della porzione che si trova sulla destra della facciata principale è un viaggio dentro l'inferno della devastazione. Solai sprofondati hanno prodotto buchi giganteschi nei pavimenti, tetti crollati hanno lasciato che la pioggia invadesse tutto e che l'acqua corrodesse ogni cosa. I muri sono nudi, il tufo a vista laddove ha resistito: segni dei cedimenti sono visibili ad ogni passo anche se gli esperti tranquillizzano «si tratta di elementi interni che hanno avuto problemi, ma la struttura dell'edificio non è a rischio crollo». Meno male.

Nell'area centrale del palazzone si riconoscono i segni di lavori recenti: una nuova guaina verde smeraldo è stata appena sistemata per evitare che le infiltrazioni andassero a devastare la porzione inferiore dell'edificio. Tutt'intorno, però, il livello di degrado è esattamente identico al resto. In quella parte dell'Albergo dei Poveri vengono eseguiti solo gli interventi necessari ad evitare i cedimenti. Sono state estirpate tutte le piante infestanti, è stata rifatta la guaina, sono stati sistemati i cornicioni della parte esterna che, adesso, resistono come se fossero nuovi. Però si interviene solo per la conservazione: nessuna ipotesi di lavori di ripristino. Insomma, si custodisce il degrado così com'è, si evita solo che possa avanzare.
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