Napoli, divise al soldo dei narcotrafficanti: mille euro di stipendio alla «guardia»

Napoli, divise al soldo dei narcotrafficanti: mille euro di stipendio alla «guardia»
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 9 Agosto 2019, 23:00 - Ultimo agg. 11 Agosto, 14:31
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Ragionamento da manager, da uomo d’affari. Uno che sa che in certi campi conviene investire, conviene non badare a spese. Ed è in quest’ottica che Vincenzo Cutolo (reggente dell’omonimo clan di Napoli ovest) detta i conti degli stipendi da pagare, svelando anche possibili scenari di corruzione.
 
È il dieci gennaio di due anni fa, quando la voce del presunto emergente della camorra di rione Traiano viene captata dalla Dda di Napoli mentre si parla di affari. Ecco il ragionamento finito agli atti: 

1500 euro a Rosario
1000 a Mimmo
1000 a Mariano
500 ad Alessandro
1000 a Peppe ‘o guardio
500 a Giorgio ‘o guardio

È il capitolo «mesate», quello degli stipendi mensili, a leggere le migliaia di pagine dell’informativa di polizia giudiziaria depositata in queste settimane dalla Dda di Napoli, al termine della maxinchiesta sui presunti narcos della zona di rione Traiano. Decine di arresti confermati dal Riesame, colpito il clan Cutolo, quello che fa capo al boss Salvatore, detenuto dal 2007 e conosciuto come «borotalco», per la sua capacità di inondare Napoli di cocaina. Un’inchiesta che ha fatto registrare una svolta inattesa e per molti versi clamorosa con la decisione del braccio destro del boss di collaborare con la giustizia. Caldo afoso a Napoli, uffici deserti un po’ dappetutto, non ai piani alti della Procura, dove la Dda è al lavoro proprio sulle dichiarazioni che il nuovo pentito sta mettendo a verbale.

Intanto, proprio in questo filone, spiccano le intercettazioni legate alla gestione degli stipendi. Ci sono state collusioni tra camorra e forze dell’ordine all’ombra delle piazze di spaccio di Soccavo? Chi sono le «guardie» a cui bisogna assicurare una sorta di stipendio mensile? Torniamo alle parole captate e messe a verbale. Parlano Vincenzo Cutolo e Francesco «Checco» Pietroluongo, interviene anche un altro interlocutore, tale «Bruno», il discorso torna sui soldi, sulle uscite di un clan che macina (o ha macinato) affari d’oro con lo smercio di ogni genere di sostanze stupefacente. Ed è ancora Vincenzo Cutolo a tornare sulla contabilità, sulla questione delle uscite, su un presunto libro mastro che ha regolato la vita economica della camorra locale: «A Natale sono usciti 137mila euro... io ho visto il foglio... mica non l’ho visto... le carte non le ho buttate io le ho viste bene...». 

Verifiche doverose in corso, anche se c’è la convinzione da parte degli inquirenti che tutte le forze di polizia sul territorio abbiano agito sempre con correttezza, dando la caccia ai clan radicati nella zona di rione Traiano, mettendo a segno arresti e sequestri che hanno di fatto indebolito un pezzo di storia criminale cittadina. Ora però si punta a verificare l’esistenza di eventuali complicità istituzionali, di presunte mele marce, nel tentativo di capire quanto concreti sono i riferimenti captati in casa Cutolo.

E non è tutto. Ad aprire nuovi scenari investigativi sulla camorra dell’area occidentale e sulle trame che legano narcotrafficanti nell’area metropolitana, ci sta pensando un collaboratore di giustizia di ultima generazione. Si chiama Gennaro Carra, «Genny» per gli amici. Era stato arrestato alla fine dello scorso maggio, nel corso del blitz contro una ventina di esponenti del clan di Salvatore Cutolo. In sintesi, Carra è stato arrestato con l’accusa di essere il reggente della cosca, anche per il rapporto di parentela che lo lega al boss Salvatore (per averne sposato la figlia) e al figlio primogenito Vincenzo. Amico di manager di neomelodici, Genny Carra ha deciso di chiudere i conti con la camorra, come ha svelato in questi giorni il Roma, probabilmente di fronte a una prospettiva di lunga detenzione.

Messo alle strette dalle indagini del pool anticamorra (al lavoro il pm Francesco De Falco), Carra è accusato di associazione camorristica, droga, tentato omicidio, armi, quanto basta a immaginare una condanna a venti anni di reclusione.

Scenario investigativo rovente, alla luce della necessità di verificare il circuito della droga e del riciclaggio di denaro sporco negli ultimi dieci anni. Parliamo infatti di un clan che controlla i circuiti cittadini del narcotraffico, che rifornisce un pezzo di Napoli, vista anche la vicinanza della famigerata «44» (dal numero civico della zona controllata dalla famiglia Cutolo) al resto della città. Vista anche la capacità di far girare stipendi mensili a mo’ di capitano di impresa.

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