Napoli, 16 ore in barella prima del ricovero: l'odissea di un 23enne all'ospedale San Paolo

Napoli, 16 ore in barella prima del ricovero: l'odissea di un 23enne all'ospedale San Paolo
di Ettore Mautone
Lunedì 7 Gennaio 2019, 07:00
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Non ci sono solo i pazienti colpiti da infarto a richiedere trasferimenti e ricoveri mirati nelle Cardiologie, nelle Emodinamiche e nelle Terapie intensive coronariche degli ospedali campani inseriti nella rete per l'infarto. Un ragazzo di 23 anni, ricoverato al pronto soccorso del San Paolo, a cui è stata diagnosticata una miocardite acuta con un'infezione estesa anche al pericardio (miopericardite) ha atteso circa 16 ore in barella in Medicina di urgenza prima di trovare un posto libero in un reparto di Cardiologia specialistica. Un'odissea. È poi approdato al Monaldi, unico centro, tra quelli consultati dal sistema di trasferimento secondario del 118, ad aver fatto scattare il semaforo verde nella mattinata di ieri. Un'ambulanza e gli infermieri del presidio hanno quindi raggiunto l'ospedale in collina per il ricovero. Il paziente era arrivato in pronto soccorso per febbre e un insistente dolore al pericardio. Ha quindi effettuato la trafila per i prelievi, il dosaggio egli enzimi, il tracciato e un ecocardiogramma ed è stato tenuto in Osservazione. Nel corso delle ore la situazione è peggiorata. Nonostante la terapia con antinfiammatori i segni del tracciato prima sfumati sono peggiorati. Da qui la richiesta di trasferimento in un centro dotato di Cardiologia. Al San Paolo in realtà il reparto esiste (è quello trasferito dall'Ascalesi) ma non ha posti letto e non fa ambulatorio. I medici, pur bravi e disponibili, non sono inseriti nelle turnazioni di reperibilità nei notturni e nei festivi. Nel corso delle ore sono partiti almeno tre fax dal presidio di Fuorigrotta alla centrale operativa del 118 per disporre di un trasferimento ma la risposta è sempre stata negativa. A quanto pare i posti liberi nei vari ospedali erano da riservare alle urgenze.
 
In effetti la rete per l'infarto accetta solo pazienti con un'ischemia acuta in atto o una situazione clinica instabile (elevazione del tratto St del tracciato elettrocardiografico) che vanno di corsa sul tavolo delle emodinamiche per effettuare la procedura di disostruzione delle coronarie (angioplastica).

Molti altri casi a interesse cardiologico, che possono aspettare o che effettuano una coronarografia a distanza di molte ore dall'evento acuto, giungono spesso in ospedali non dotati di terapie intensive coronariche o assistiti in reparti non specialistici. Ma in una Medicina di urgenza, soprattutto se ci sono molte barelle, non è semplice monitorare con continuità l'evoluzione clinica di questi malati.

A gettare acqua sul fuoco è Bruno Trimarco, ordinario di Medicina interna e direttore della Terapia intensiva coronarica e centro per la diagnosi e cura dell'Ipertensione del Policlinico Federico II, un centro di coordinamento della rete provinciale per l'infarto. «La Rete infarto - avverte Trimarco - è un servizio per urgenze tempo dipendenti e non interviene nelle patologie croniche o differibili. I pazienti con miopericarditi sono cronici e possono essere seguiti in una Cardiologia o in una Medicina interna a indirizzo cardiologico che non sono inseriti nella rete. Questa va attivata solo se il paziente si complica con una coronarite, che può provocare anche l'infarto, o con un tamponamento del cuore a causa della grave infiammazione del pericardio che può richiedere l'intervento di una cardiochirurgia che deve effettuare una incisione di questa membrana del cuore». E in effetti due anni fa, proprio a causa di tamponamento cardiaco da pericardite, dopo un difficile trasferimento dal San Paolo al Monaldi, morì una donna di 42 anni di Fuorigrotta. Un'esperienza che è ancora impressa nella mente dei medici del San Paolo. Forse memori di quella bruttissima esperienza, in assenza di una cardiologia e di una consulenza specifica disponibile, per garantire la migliore assistenza hanno pensato di attivare un trasferimento secondario. Per fortuna stavolta il paziente, ricoverato al Monaldi, sta bene e la sua patologia evolve in maniera benigna.

Intanto dal primo gennaio la rete infarto a Napoli e provincia seguirà nuove procedure. Oltre a modificare la distribuzione dei pazienti negli ospedali di ciascuna zona (Napoli sud all'Ospedale del Mare, Napoli centro al Cardarelli, alla Mediterranea e al Policlinico e Napoli nord a Pozzuoli, Monaldi e Villa dei Fiori di Acerra) ciascun Hub di riferimento referterà i tracciati inviati dal circuito del 118 avendo così una continuità tra diagnosi iniziale, accesso e cura nelle emodinamiche di riferimento.
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