Sigilli alla tv pirata sul Vesuvio: è caccia ai messaggi cifrati per i detenuti

Sigilli alla tv pirata sul Vesuvio: è caccia ai messaggi cifrati per i detenuti
di Gennaro Di Biase
Venerdì 29 Marzo 2019, 11:30
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Le trasmissioni di musica «neomelodica» usate per mandare messaggi ai detenuti. Questa è la moda sempre più diffusa tra criminali e fan del crimine. Per combatterla gli agenti della polizia postale hanno sequestrato e oscurato ieri impianti televisivi non solo «abusivi», ma usati come canale di comunicazione per inviare messaggi subliminali direttamente in carcere. Al momento, le forze dell'ordine stanno visionando ore e ore di video di trasmissioni di Tvn (Tele Video Napoli) per chiarire «il tenore dei messaggi in codice inviati ai detenuti e per capire se siano stati trasmessi messaggi o informazioni di rilievo investigativo ai detenuti», spiega il commissario capo del compartimento di Polizia postale di Napoli, Massimiliano Mormone. Non c'è nulla di certo, ma si cercano comunicazioni di ogni tipo, anche eventuali indicazioni indirette che forniscano notizie al destinatario dietro le sbarre o pratiche che spieghino al detenuto come o dove trovare un oggetto. «Monitoreremo con sempre maggiore attenzione i canali tv locali - continua Mormone - Anche perché al fenomeno dei messaggi in codice diretti in carcere si è aggiunta la prassi dei messaggi via social». Insomma Facebook è la nuova frontiera della comunicazione ai detenuti. Quindi la nuova frontiera d'indagine per la Polizia postale.
 
Coinvolti nell'operazione, oltre alla polizia postale, anche il ministero dello Sviluppo economico e la Polizia penitenziaria. L'indagine e il sequestro di Tvn (canale 59 UHF del digitale terrestre) - e di altre emittenti - sono stati effettuati dal Compartimento di Polizia postale e delle Comunicazioni «Campania», diretto dal dirigente Daniele De Martino, con la collaborazione del commissario Mormone. I canali oscurati irradiavano abusivamente il segnale, come accertato dopo le verifiche fatte con l'ausilio di personale tecnico dell'ispettorato territoriale della Campania del ministero dello Sviluppo economico. Dopo aver individuato il luogo in cui erano installati gli impianti televisivi abusivi - e cioè in località Vesuvio - per la polizia postale è stato possibile operarne l'immediato sequestro e terminare le irradiazioni illegali. Il sequestro è stato convalidato dalla Procura, che ora prosegue le indagini sui messaggi in codice insieme alla Polizia penitenziaria e alla stessa Polizia postale. Al ministero - filtra dalle autorità - non risultava alcuna richiesta di concessione per le trasmissioni.

Un fenomeno che andava avanti da mesi, quello dei messaggi, dei saluti e degli omaggi ai detenuti, e «legato specialmente alle trasmissioni di musica e canzoni neomelodiche», specifica ancora Mormone. Non solo gli sgrammaticati e classici auguri di «presta libertà», ma anche attestati di stima verso i criminali che scontano la pena, definiti «ospiti dello Stato». Le trasmissioni sotto indagine non erano in onda h24, ma «stiamo analizzando i messaggi - dicono ancora dalla Polizia postale - per capire se e come siano state trasmesse delle informazioni di rilievo investigativo». Si cercano eventuali sottopancia, sms in sovraimpressione che abbiano comunicato qualcosa di diverso dal «semplice omaggio», ovvero un'informazione utile a uno scopo criminale. Niente di certo, ancora, ma la Procura indaga.

Il legame tra musica neomelodica napoletana e messaggi in codice ai detenuti è ben saldo «in certi ambienti del Sud - prosegue Mormone - E il fenomeno si sta diffondendo specialmente su Facebook. Qualche mese fa siamo intervenuti su un video postato da un ragazzo di Palermo che cantava una canzone neomelodica napoletana e sparava colpi di pistola in aria. Il messaggio ebbe una certa eco mediatica su Facebook. Lo identificammo noi, visto che cantava in napoletano ma con accento siciliano». Il post Facebook per il detenuto è la nuova frontiera. Chiaro che per un criminale in arresto è sulla carta quasi impossibile accedere ai social, ma il fenomeno c'è. «Abbiamo indagato e stiamo indagando su diversi account - conclude Mormone - Sono state identificate diverse persone attraverso post su Facebook».
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