Napoli, serrata della camorra
«Da oggi qui comandiamo noi»

Napoli, serrata della camorra «Da oggi qui comandiamo noi»
di Giuseppe Crimaldi
Lunedì 6 Novembre 2017, 09:55 - Ultimo agg. 11:10
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E i boss della Sanità ordinarono la «serrata» dei commercianti. Un ordine preciso, notificato a tutti i titolari dei negozi identificati nel quartiere come vittime del racket imposto dalla cosca avversaria. «A quelli là non dovete più dare nemmeno un euro. Da oggi comandiamo solo noi e siamo noi a garantirvi la protezione». Toni decisi e modi spicci: i capi del clan Vastarella - nemici giurati della famiglia Sequino - hanno deciso di passare all'offensiva per conquistare quella parte di territorio che fa più gola in termini di guadagni derivanti dalle estorsione.
 
 


L'obiettivo è, come sempre, lo stesso: intimidire le vittime. Ma in una recente informativa delle forze dell'ordine trasmessa ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli emerge la novità che descrive drammaticamente il livello di imbarbarimento che caratterizza ormai la maggioranza dei gruppi criminali organizzati in città. In quel fascicolo gli investigatori spiegano come la cosca più strutturata e militarmente forte del Rione Sanità abbia fatto una sorta di censimento di tutti i titolari dei negozi della parte «bassa» dello storico quartiere costretti a sottomettersi al pizzo.

Non si tratta di casi isolati - spiegano recenti indagini svolte dalla Squadra mobile e dai reparti investigativi territoriali dell'Arma - «ed anzi si tratta di un fenomeno che desta allarme». La capacità di intimidazione dei Vastarella è arrivata al punto da costringere salumieri, minimarket, bar, negozi di abbigliamento, ristoratori, meccanici eccetera a subìre una «chiusura coatta». Tre giorni di saracinesche abbassate, questo impongono i ras delle Fontanelle: più che una punizione si tratta di un formidabile strumento di controllo del territorio impostato su regole del gioco sleali e perverse.
 
Nel mirino degli esattori del pizzo che a quanto pare alla Sanità si sarebbero rimessi a seguire la politica delle estorsioni «porta a porta» non finiscono solo i titolari di molti esercizi commerciali, ma perfino i loro dipendenti. Una settimana fa i camorristi hanno avvicinato e ordinato a decine di garzoni di forni, camerieri di bar e pizzerie, impiegate in negozi di abbigliamento e di alimentari imponendo loro l'ordine di non andare a lavorare fino a nuovo ordine: e cioè fino a quando i loro datori di lavoro non accetteranno di pagare le estorsioni ai Vastarella, e non più ai Sequino.

Ma qualcuno ha trovato la coscienza civile e il coraggio di parlare. Ci sono già le prime denunce, e il muro di paure ed omertà che fino a ieri ha consentito ai clan di spadroneggiare comincia a sgretolarsi. Camorra stracciona. «Tutto questo, associato ad alcuni segnali che si stanno registrando recentemente alla Sanità - spiega un investigatore di punta che conosce bene la situazione - indica due cose: oltre a confermare che il racket è uno strumento per fare soldi illegalmente, indica la condizione di difficoltà di gruppi criminali che si sentono messi in un angolo, e che non introitano più i lauti guadagni di una volta». Perché, ricordiamolo, da oltre tre mesi sul Rione Sanità si è stretta la morsa di polizia e carabinieri: le piazze dello spaccio sono state quasi del tutto neutralizzate grazie al piano strategico che prevede di «asfissiare» le attività illecite. Controlli in circoli ricreativi, nei quali abitualmente si radunano i delinquenti del quartiere, perquisizioni domiciliari nelle case dei pregiudicati, posti di blocco lungo vicoli e strade, di giorno come di notte.

 Tutto questo ha messo in ginocchio l'economia illegale dei camorristi. I guadagni, in questi ultimi quattro-cinque mesi, si sono assottigliati al punto da mettere in difficoltà la distribuzione delle «mesate», gli stipendi che i capi versano per il sostentamento degli affiliati in carcere e alle loro famiglie. E siccome la potenza di un clan si tiene sul controllo del territorio e sugli affari sporchi, ecco che adesso si arriva anche a minacciare gli operatori commerciali costretti a pagare alla «paranza» avversaria.

Naturalmente dietro la strategia di intimidazione che obbliga a improvvise «serrate» chi paga il pizzo al clan rivale punta anche ad allargare la propria influenza criminale acquisendo nuove «fette di mercato». Non bisogna mai dimenticare che, immediatamente dopo il traffico e lo spaccio di stupefacenti, è il racket la prima fonte di sostentamento delle organizzazioni criminali mafiose.

C'è da considerare un altro dato allarmante. Il racket è oggi sempre più spesso l'anticamera che porta ad un altro inferno: quello dell'usura. Perché quando il negoziante vittima delle estorsioni non riesce più a sostenere la propria attività commerciale finisce con il chiedere prestiti a interessi altissimi spesso agli stessi esatori del pizzo. Un maledetto circolo chiuso che distrugge segmenti di economia sana. Uno dei due negozi presi di mira dai colpi di pistola esplosi l'altra notte in via Arena alla Sanità è di un commerciante iscritto alla Federazione delle associazioni antiracket presieduta da Tano Grasso e che vede nella zona del centro storico cittadino l'imprenditore Ulderico Carraturo in prima linea nella organizzazione territoriale che di qui a poco - finalmente - vedrà inaugurare una nuova sede proprio nel Rione sanità.