Napoli, il pasticcio telecamere: una su tre non funziona

Napoli, il pasticcio telecamere: una su tre non funziona
di Giuseppe Crimaldi
Giovedì 23 Giugno 2022, 00:00 - Ultimo agg. 18:03
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A Napoli un impianto di telecamere per la videosorveglianza su tre non funziona o ha bisogno di un’urgente manutenzione. Al di là delle migliori intenzioni (e di qualche proclama), la stato della situazione in cui versa quello che oggi rappresenta ormai su scala globale il principale strumento di controllo e di investigazione continua ad arrancare. 

Difficile dare il numero esatto degli impianti fuori uso, e forse le difficoltà ad ottenere cifre reali è dettato anche da un comprensibile riserbo istituzionale e da esigenze di sicurezza legate allo status dei vari quartieri più a rischio criminale.

Un dato è certo: queste disfunzioni sono causate da farragini burocratiche e dall’inesorabile scorrere del tempo, come vedremo a breve. E così delinquenti e camorristi ringraziano.

L’ultima ondata di violenze metropolitane legate alla recrudescenza di alcune faide di camorra (vedi la zona di Soccavo), ma soprattutto ad un’impennata di reati “predatori” e di reati commessi sempre più da giovani e giovanissimi, ha riacceso i riflettori sull’urgenza di colmare questo deficit strutturale. 

E resta ancora l’eco delle parole piccate del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, che lunedì scorso proprio da Napoli ha indirettamente risposto a chi (il sindaco Manfredi in primis) si rivolgeva a lei invocando un potenziamento della rete di telecamere in città: «Con il Pon sicurezza abbiamo finanziato più di 600 impianti di videosorveglianza, adesso si farà un punto della situazione di quelle funzionanti e non funzionanti, ma questo è un obiettivo che io ho dato al prefetto sul territorio quando ci siamo visti l’altra volta. Quindi spero che ognuno faccia la sua parte...».

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Ma quali sono i veri motivi che compromettono il completamento di questo ambizioso progetto per la sicurezza di Napoli? E quali sono gli ostacoli che si frappongono alla conservazione degli impianti di videosorveglianza? Il discorso, pur nella sua complessità, è molto semplice. Dalla delibera di nuovi impianti di videosorveglianza alla loro effettiva installazione decorrono tempi “tecnici” che sono spesso lunghi e contrassegnati da pastoie burocratiche. Questo determina una conseguenza nefasta: la garanzia di manutenzione - che è in capo all’ente appaltatore - scade dopo due anni: si verifica spesso, così, che il completamento di ogni rete di visori e lettori telematici comporti anche un anno, un anno e mezzo di lavori. E così finisce che, trascorsi i restanti sei mesi, la garanzia per la manutenzione scade, e bisogna a quel punto procedere ad un nuovo bando di gara per appaltare la nuova manutenzione. Insomma, è come un cane che si morde la coda. Non solo. Un’altra delicata composizione dell’iter che porta al completo funzionamento delle telecamere di videosorveglianza pubblica è legata alla “messa in rete” con le centrali operative delle forze dell’ordine: senza la quale la videosorveglianza non serve ovviamente a nulla. 

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Per colmare il gap esistente, la Prefettura ha già disposto e ottenuto la mappatura completa di tutta la città di Napoli. Uno screening simile, fino a oggi, non era stato mai fatto. E questa è sicuramente una buona notizia, oltre a costituire la base conoscitiva delle lacune da colmare con un piano di iniziative concrete. È lo stesso prefetto Claudio Palomba ad annunciarlo a Il Mattino, nell’intervista di spalla a questo articolo.

Attualmente nella sola città di Napoli sono presenti “sulla carta” oltre 700 telecamere di videosorveglianza pubblica. Nemmeno tante, se si pensa alla complessità morfologica di un territorio cittadino articolato e difficile da tenere sotto controllo. Ora però bisogna fare presto, mettendo a regime l’intera rete e ripristinando quelle non più funzionanti o che necessitano di manutenzione ordinaria. 

Impossibile fare il conto poi della rete “privata” di occhi indiscreti disseminati sul territorio cittadino: si tratta di censire migliaia di altri impianti, da quelli che proteggono istituti bancari, gioiellerie, negozi, imprese e aziende, sulle quali pure la Prefettura ora vuole puntare per arrivare ad un sistema integrato che - una volta ottimizzati i servizi - sarà veramente in grado di proteggere Napoli e i napoletani. 

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