Napoli, agguato alla Sanità: ammazzato il boss Esposito. Passante colpito all'addome

Napoli, agguato alla Sanità: ammazzato il boss Esposito. Passante colpito all'addome
di Maurizio Cerino
Sabato 21 Novembre 2015, 12:42 - Ultimo agg. 15 Novembre, 09:50
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Era su uno scooter T-Max, procedendo in direzione di via Foria ma, giunto in piazza Sanità, non è riuscito ad andare oltre. Ad attendere Pietro Esposito, 45 anni, incontrastato boss del rione e più noto come Pierino, un commando di morte, pronto ad agire. Un'azione rapida, eseguita, senza dubbio, da chi è persona esperta di certi «lavori».

L'uomo muore sul colpo, ucciso da proiettili che lo raggiungono alla schiena e alla testa, con il colpo di grazia, per essere certi di non lasciare l'opera incompiuta. Sulla dinamica, com'è ormai consolidato copione, non c'è alcuna testimonianza diretta: gli investigatori devono affidarsi ai rilievi dei colleghi della polizia scientifica, coordinati dal primo dirigente Fabiola e dal vicequestore Imma Russo.

L'agguato si è consumato proprio all'altezza della basilica di Santa Maria della sanità, per tutti la chiesa di san Vincenzo alla Sanità.

Sul pavimento stradale di sampietrini diversi pezzi della carrozzeria dello scooter di Esposito, segno che l'azione è iniziata quando eseguita quando il boss era tranquillamente in movimento. Ma l'uomo dev'essersi accorto che qualcosa non quadrava perché il motociclo è stato trovato appoggiato su uno dei dissuasori di sosta in granito.

Pietro Esposito, a quanto pare, non era armato. D'altra parte doveva sentirsi sicuro a «casa sua» nel "suo" rione, considerando anche che il suo nemico giurato, Pasquale, Lino per i suoi accoliti, Sibillo è chiuso in carcere da qualche settimana.

Invece i killer erano già appostati da diverso tempo. Esposito preferisce fuggire a piedi: ed ecco forse spiegato perché abbandona il il suo mezzo, forse per un estremo tentativo di salvezza e corre, cercando di raggiungere uno dei vicoletti per riuscire a trovare riparo in qualche abitazione «amica». Tutto inutile: i killer avevano probabilmente previsto anche una reazione del boss. Gli sparano anche alle spalle: il corpo del boss sarà ritrovato dagli uomini della squadra mobile di Fausto Lamparelli con la faccia pigiata sul selciato stradale, le braccia accostate in maniera parallela al corpo.

La mira dei killer però non può essere precisa: i movimenti rapidi della fuga del loro obiettivo costringono a esplodere diversi colpi. E non si accorgono che, sulla loro «linea di tiro», si trova Giovanni Catena, 29 anni, dipendente del pub «il Pocho», che sta raggiungendo il cassonetto per gettare l'immondizia: un proiettile lo colpisce all'addome. I killer, ormai sicuri di aver portato a termine la loro missione di morte, fuggono via forse con una moto. Di sicuro, per il calibro della vittima designata, nel commando c'erano complici di appoggio, per prevenire eventuali reazioni degli uomini vicini a Esposito.

Con la solita telefonata anonima vengono attivati i soccorsi: arrivano le volanti dell'Upg dei dirigente Michele Spina, con al seguito un'ambulanza del 118: le condizioni di catena sono critiche: dopo aver stabilizzato il ferito l'autolettiga scappa verso il pronto soccorso del vecchio Pellegrini, dove viene operato.

Tutto accade poco prima delle 16,30 e si consuma in una manciata di minuti: in strada ancora pochi passanti, qualche signora che approfitta della calma per anticipare gli acquisti per il pranzo domenicale. Gli inquirenti non si sbilanciano più di tanto. Ma la matrice dell'omicidio non sarebbe complicata da inquadrare, perché un arresto, sia pure eccellente, non avrebbe potuto stravolgere stravolge la geografia di due quartieri in guerra tra loro, la sanità degli Esposito e la Forcella dei Giuliano-Sibillo-Brunetti .

Pietro Esposito venne scarcerato sul finire del 2014. La contentezza per la ritrovata libertà fu di breve durata: il 7 gennaio di quest'anno gli uccisero il figlio Ciro, con nove colpi di pistola: aveva 21 anni: sarà ricordato come il primo morto ammazzato del 2015, un macabro primato. Ucciso qualche decina di metri oltre il punto in cui i killer hanno ammazzato suo padre.

Al contrario del genitore lui non morì sul colpo: gli amici lo accompagnarono di volata al Vecchio Pellegrini dove, però non ci fu più nulla da fare. In queslla stessa piazza, all'alba del 6 settembre fu ammazzato il diciassettenne Gennaro Cesarano, detto Genny, nell'ambito degli scontri tra le due fazioni in lotta.

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