Napoli, l'hotel della camorra alla Stazione centrale: sequestrato il tesoro del clan Mallardo

Napoli, l'hotel della camorra alla Stazione centrale: sequestrato il tesoro del clan Mallardo
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 16 Giugno 2017, 10:52 - Ultimo agg. 12:31
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Ci sono alberghi, ristoranti, quote societarie che riconducono ad un famiglia di imprenditori, indicata come potenziale canale di riciclaggio del clan Mallardo. Camorra e impresa, boss e presunti prestanome, c’è una svolta nel corso dell’inchiesta che punta ad arpionare patrimoni sospetti e ad arginare operazioni di riciclaggio. Blitz all’alba, sigilli a beni per quaranta milioni di euro. 

È il terzo step nel giro di pochi mesi, secondo quanto emerge dal provvedimento di sequestro preventivo firmato su richiesta della Dda di Napoli, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli: tra i beni sequestrati ci sono lo Stelle Hotel di Napoli, l’hotel Sole di Verona, la società Crusado con sede nel Tarì di Marcianise, la gelateria Gelcom di Taranto, ville a Ischia e in Abruzzo, altre abitazioni tra Napoli, Caserta e Taranto e decine di conti correnti; riflettori puntati anche sulla società White food, che gestisce il ristorante Binario calmo, sempre nei pressi della stazione ferroviaria di Napoli.
 

 

Non è il primo colpo messo a segno per chiudere i canali del riciclaggio utili al clan Mallardo. C’è infatti un retroscena. Siamo a novembre scorso, quando la Dda di Napoli mette a segno l’operazione Regina di Saba, che puntava a colpire la rete dei presunti prestanome di una sorta di dinasty familiare. Ma il vero colpo di scena, a seguire il ragionamento degli inquirenti, avviene poco prima di Natale. 

È il 23 dicembre scorso, l’antivigilia, quando vengono bloccati i beni riconducibili alla famiglia del gioielliere Gaetano Esposito: una sorta di impero da 25 milioni di euro, soldi che vengono indicati come decisamente sospetti. Ed è proprio nel corso dell’esecuzione del sequestro di dicembre, che gli uomini della guardia di finanza trovano documenti ritenuti decisivi per l’ultimo sbocco investigativo. Oro nelle mani degli uomini del comandante del Gico, il tenente colonnello Giuseppe Puccinidi, che puntano a ricostruire un nuovo solco del riciclaggio. Inchiesta condotta dal pm anticamorra Maria Cristina Ribera, oggi finiscono sotto i riflettori gli interessi imprenditoriali di Santolo Cozzolino. È indagato, è lui il target dell’ultimo blitz scattato all’alba di ieri mattina. Sette indagati, sotto inchiesta finisce il network familiare dell’imprenditore. Ma qual è il punto? Stando a quanto ipotizzato dalla Procura, gli interessi in ballo sarebbero riconducibili a Francesco Mallardo e Anna Aieta, coniugi entrambi detenuti, ritenuti punto di forza di una saga criminale che risale addirittura agli anni Ottanta. 

Ma andiamo con ordine. Dalla famiglia Mallardo ai Cozzolino, passando per quelle carte rinvenute lo scorso dicembre. Seguire i soldi, la svolta delle indagini che puntano ad abbattere un impero criminale nato sul cemento abusivo, gli appalti truccati, droga e estorsioni. Una vicenda che va raccontata da una premessa: Santolo Cozzolino e i suoi parenti indagati avranno modo di difendersi nel corso del prosieguo delle indagini, nel corso di un procedimento tuttora aperto. Vanno pertanto considerati innocenti, fino a una sentenza di condanna definitiva. Fatto sta che l’inchiesta ha fatto registrare la svolta con l’analisi di alcuni conti correnti. È da qui che sarebbero transitati soldi di provenienza illecita. 

Francesco Mallardo, il boss dei «carlantonio» di Giugliano, si sarebbe servito di una rete di prestanome, che in questi anni ha messo a frutto la ricchezza accumulata. Operazione di ripulitura, tramite alberghi, ristoranti, esercizi commerciali in Veneto e in Puglia, insomma ovunque risultasse possibile dare inizio a nuove soluzioni imprenditoriali. 
 

Ma proviamo a zummare sui beni ieri finiti sotto sequestro preventivo: si parte dalla «White food srl»; 
la Stelle Immobiliare sas di Anna Cozzolino; la Iziuu srl; la sas di Giovannelli Dario (in liquidazione); la Sole sas di Cozzolino Tiziana; la Gda Telecomunication e Technology srl; la Crusado srl, presso il Centro Orafo Il Tarì; la Gelcom srl di Taranto; la Showroom srl di Taranto; ma anche trentuno immobili: tra questi sei immobili a Portici, 10 immobili a Cercola, un immobile a Casamicciola terme; due immobili a Sessa Aurunca, due a Taranto, 10 immobili a Castel di Sangro; e quattro veicoli. 

Uno scenario criminale che in questi anni si è evoluto rispetto a quanto emerso fino ad un decennio fa. Stando alle recenti ricostruzioni della Dda di Napoli, i Mallardo sarebbero entrati in una sorta di gruppo misto, creando i presupposti per una alleanza con quel che resta dei casalesi. È una fotografia degli ultimi rapporti investigativi, che puntano a mettere a fuoco le evoluzioni del crimine organizzato nell’ampia area metropolitana che lega Napoli e Caserta. Sempre meno morti ammazzati, meno fatti di sangue, sempre più affari. Seguire i soldi, seguire il tracciato economico, secondo il metodo di lavoro del nucleo di polizia tributaria del colonnello Giovanni Salerno. Ed è da questo filone che nascono i colpi a soggetti ritenuti insospettabili, in quanto a capo di esercizi commerciali accorsati.

Dicembre 2016, dunque, parlano gli archivi. Viene individuata quella che viene ritenuta la gioielleria del boss Ciccio ‘e carlantonio. Tutto apparentemente regolare, lì al corso Meridionale, strada dove sono presenti tanti negozi di gioielli ritenuti seri e a prova di accertamenti. A finire nel mirino, la gioielleria con quattro ingressi e dieci vetrine. Anche qui, la precisazione di sempre: il processo è in corso, va fatta salva la versione di parte che punta ad evidenziare l’estraneità rispetto agli asseriti contatti con la camorra. In cella, finiscono quattro esponenti dei Mallardo, tra cui il presunto boss e la moglie Anna Aieta. Non è la prima volta che viene registrato l’abbraccio tra centro e provincia, anche alla luce delle ramificazioni parentali. È noto da sempre, che Francesco Mallardo ha sposato Anna Aieta, mentre altri due fondatori della antica alleanza di Secondigliano hanno sposato sorelle della stessa famiglia: Edoardo Contini e Patrizio Bosti hanno sposato Rita e Maria Aieta, sorelle di Anna, in una saga dinastica che sembra destinata a rimanere al centro dell’attenzione della cronaca e degli apparati di polizia giudiziaria. 

Ma torniamo ai gioielli: l’imprenditore arrestato a dicembre avrebbe acquistato diamanti per conto del boss con l’indicazione però di diversificare gli investimenti.
In un’intercettazione ambientale si sentiva anche il rumore del borsello dell’uomo che si apre e si chiude durante uno scambio di soldi. È così che, secondo la ricostruzione dell’accusa, il titolare del negozio avrebbe riciclato due milioni di euro del boss e della moglie in uno scenario destinato a subire nuove verifiche. Spunta un pezzo di carta, si arriva ai conti correnti. È così che la Dda ingrana la marcia, si lavora sulle banche e si arriva alla famiglia Cozzolino. Secondo quanto emerge dalle poche pagine del sequestro preventivo, ci sarebbe stata una sproporzione vistosa tra i beni a disposizione e i guadagni incassati. Riflettori puntati su un nuovo nucleo familiare, la caccia resta aperta all’eldorado di un pezzo di camorra, quello che porta la firma del boss dell’alleanza di Secondigliano.

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