Napoli, la stesa a piazza Trieste e Trento per punire l'uomo dei Mariano

Napoli, la stesa a piazza Trieste e Trento per punire l'uomo dei Mariano
di Giuseppe Crimaldi
Venerdì 29 Marzo 2019, 07:30 - Ultimo agg. 13:07
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Volevano vendicarsi. Avevano deciso di lavare l'«onta» di un affronto subìto il giorno prima, quando Alessio Bossis - 19enne boss emergente di un nuovo gruppo criminale che da Volla sta tentando di prendersi le piazze di spaccio di Ponticelli - litigò con un pregiudicato vicino ai Mariano dei Quartieri spagnoli. Per questo la notte del 19 marzo scorso un commando si mise a caccia dell'uomo scatenando un inferno di piombo nella centralissima piazza Trieste e Trento. Una stesa che solo per un caso fortuito non lasciò in terra morti e feriti. E nel pianificare il raid punitivo si servirono della complicità di una ragazzina di appena 17 anni, che fece da «basista» al gruppo di fuoco.
 
Per quel raid ieri mattina i carabinieri del comando provinciale di Napoli hanno eseguito - su disposizione della Procura distrettuale antimafia di Napoli guidata dall'aggiunto Giuseppe Borrelli e della Procura dei minori - sei ordinanze di custodia cautelare in carcere. Accuse gravissime per tutti: detenzione e porto illegali d'arma da fuoco, spari in luogo pubblico e danneggiamento, reati aggravati da metodo e finalità mafiose. I cinque maggiorenni arrestati sono Alessio Bossis, Ciro Postiglione, 20, Fabio Angelucci, 21, Raffaele Aprea, 21 e Carmine Pecoraro, 32. La minore è A.C., 17enne dei Quartieri. Tutti giovanissimi, ma già sanguinari e spietati, come rivelano le intercettazioni telefoniche e ambientali dei militari dell'Arma (che li tenevano d'occhio da mesi, ben prima che si consumasse la stesa di piazza Trieste e Trento).

Il loro piano iniziale era quello di sparare direttamente nelle finestre della casa dove abitava il rivale dei Mariano. Un ardimento, quello di arrivare armati dalla periferia fin nel cuore della zona controllata dai «Picuozzi», che la dice lunga sulla caratura criminale degli arrestati. L'indagine - condotta dai militari del Nucleo investigativo di Torre Annunziata - aveva preso inizio la notte del 19 marzo scorso, quando alcune persone in sella a scooter avevano esploso dieci colpi di pistola ad altezza d'uomo, colpendo tra l'altro la saracinesca di una gioielleria di via Toledo e due caffè in piazza Trieste e Trento, con i proiettili che sfioravano anche le numerose persone ancora presenti a quell'ora. Scrive emblematicamente nel decreto di fermo il pm Maria Di Mauro: «Le stese sono ormai un codice operativo, la nuova legge messa in atto dalla camorra per gestire e consolidare il controllo del territorio».

Dalle intercettazioni emergono tutti i particolari del progetto e dell'esecuzione della scorreria armata. E i singoli ruoli, a cominciare da quello avuto dalla ragazzina (fidanzata di Bossis), che si prestò a indicare l'indirizzo dell'obiettivo poi non raggiunto, ma anche le vie di fuga, gli orari utili per mettere a segno il colpo e - persino - il «piano alternativo», e cioè la stesa sotto le finestre della Prefettura.

Una basista perfetta, insomma.

«Se lui sta in casa - dicono gli organizzatori del raid, non sapendo di essere ascoltati dai carabinieri - dateci il via dicendo che mamma sta qua». Ma l'obiettivo mancò. E allora si decise di scaricare la furiosa rabbia con i dieci colpi di pistola esplosi tra la gente che ancora affollava piazza Trieste e Trento. «Se serve sparo pure alle guardie, dice Alessio Bossis a chi lo esorta a stare attento, perché la zona di via Toledo «è sempre piena di camionette». Ed ancora, il giorno successivo alla stesa, il 19enne si vantava coi suoi: «Stiamo 10 a zero per me, gli ho portato dieci confetti a quel bastardo», dice riferendosi ai colpi di pistola sparati ad altezza d'uomo.
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