Lo studio: per bimbi prematuri necessario logopedista già in terapia intensiva

Lo studio: per bimbi prematuri necessario logopedista già in terapia intensiva
Lunedì 21 Maggio 2018, 13:44 - Ultimo agg. 15:43
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In Italia ogni anno 50 mila neonati, 1 su dieci, nascono prima della 37.esima settimana. Sono piccoli e fragili, da trattare con cura speciale, perché rischiano di andare incontro a danni a lungo termine, gravi per 1 su cinque. Non solo. Fino a un prematuro su due presenterà ripercussioni più lievi ma invalidanti, come disturbi del linguaggio, difficoltà di apprendimento o deficit dell'attenzione e iperattività. La presenza di un logopedista in terapia intensiva può fare la differenza, rivelandosi decisiva per accorciare la degenza e trattare problemi come le difficoltà nell'alimentazione autonoma e nella comunicazione, o i possibili disturbi nello sviluppo neuropsicologico.

In particolare, a rappresentare una sfida difficile per i neonati prematuri, è il passaggio dall'alimentazione parenterale o enterale a quella orale. Per questo la Federazione logopedisti italiani (Fli) propone che in tutte le terapie intensive neonatali sia disponibile il supporto logopedico, da garantire anche dopo la dimissione dall'ospedale, per seguire la crescita di questi bimbi così delicati e ridurre al minimo gli esiti di una nascita troppo precipitosa. Alla base della proposta uno studio di Sara Panizzolo, logopedista magistrale all'Unità operativa complessa di Neonatologia e terapia intensiva neonatale all'ospedale Monaldi di Napoli, pubblicato sulla rivista Logopedia e comunicazione e presentato al congresso nazionale della Società italiana di otorinolaringologia a Napoli.
«Nonostante i progressi fatti nel settore dell'area materno-infantile - spiega Tiziana Rossetto, presidente della Fli - la prevalenza di nascite premature non diminuisce nel tempo. La loro sopravvivenza aumenta grazie a cure mediche e tecnologiche innovative; tuttavia la prematurità e il basso peso alla nascita rappresentano ancora ben il 63% delle cause di mortalità sotto i 5 anni di vita e possono comportare conseguenze serie per la salute a lungo termine del bambino, molto variabili da caso a caso».

«I piccoli prematuri ricoverati in terapia intensiva - precisa Panizzolo - sono sottoposti spesso a manovre invasive come l'intubazione oppure devono assumere farmaci che possono compromettere la vigilanza, la capacità di muovere e usare correttamente la bocca. Possono infatti mancare i riflessi orali o della tosse, ci può essere uno scarso tono muscolare di lingua, guance e labbra, o ancora una scarsa coordinazione e autoregolazione nell'alimentazione. Fino all'80% dei neonati prematuri ha difficoltà nell'alimentazione orale, per il 49% ciò può avere conseguenze gravi nell'immediato, come un ritardo di crescita o una maggior suscettibilità a malattie croniche».

«Le difficoltà nell'alimentazione - prosegue - rappresentano anche una delle cause più frequenti di dimissione posticipata: il passaggio dal sondino gastrico all'alimentazione per bocca è molto critico nei prematuri e per diventare del tutto autonomi possono occorrere mesi. Inoltre, se le difficoltà non vengono trattate precocemente si possono ripercuotere sulla salute futura del piccolo, con ritardi nello sviluppo di masticazione, lallazione a articolazione verbale che può evolvere in disturbi del comportamento alimentare e del linguaggio. Il logopedista è il professionista più qualificato - sottolinea - per la valutazione, il trattamento e la prevenzione di disturbi oro-alimentari e della comunicazione nei neonati prematuri e nei bambini con storia di prematurità: una sua presenza all'interno delle terapie intensive neonatali può consentire un intervento tempestivo e adeguato, tale da permettere una riduzione del tempo di degenza e delle possibili sequele a lungo termine».
«Purtroppo, però - conclude Rossetto - nel percorso clinico dei bambini con patologie neonatali il logopedista è tuttora una figura professionale poco considerata in maniera stabile nelle fasi precocissime di intervento: è infatti ancora diffuso un modello di medicina di attesa anziché di iniziativa, perfino nei confronti di questa specifica popolazione sanitaria altamente e prevedibilmente a rischio. Il logopedista spesso è coinvolto solo tardivamente, a danno evidente e alterazioni funzionali già conclamate: così il trattamento è chiaramente più complesso e può essere solo una riabilitazione per disfunzioni stabilizzate o su funzioni già molto compromesse».
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