Napoli, i tesori di Villa Livia venduti su WhatsApp: ecco la rete della custode infedele

Napoli, i tesori di Villa Livia venduti su WhatsApp: ecco la rete della custode infedele
di Valentino Di Giacomo
Mercoledì 17 Luglio 2019, 07:30 - Ultimo agg. 11:16
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Fotografava le opere all'interno del museo, le inviava tramite Whatsapp a possibili acquirenti e, quando trovava la persona giusta a cui piazzarle, prelevava gli oggetti d'arte per rivenderli. È quanto hanno appurato ieri i carabinieri che per oltre un anno hanno indagato sulla custode di Villa Livia, splendida casa-museo del Parco Grifeo al Vomero.
 
La location, una dimora storica eretta agli inizi del 900, era stata utilizzata anche per girare la fiction I bastardi di Pizzofalcone e l'emozionante pellicola La paranza dei bambini.

Maria Grazia Mazzarella era colei che avrebbe dovrebbe custodire i preziosi dipinti, maioliche e sculture della villa, invece con la complicità dei suoi familiari secondo quanto è stato ricostruito dai militari del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale agli ordini del Comandante Giampaolo Brasili rivendeva a prezzi d'affare le opere a collezionisti e antiquari. La «banda» era a conduzione familiare perché ne facevano parte il marito della custode e i loro due figli, entrambi minorenni, utilizzati come corrieri per la consegna ai compratori degli oggetti d'arte. Due le famiglie coinvolte, non solo quella di Mazzarella, ma tra i sei ordini di custodia cautelare emessi dalla procura di Napoli, figurano anche due ricettatori, padre e figlio: Fulvio De Luca (classe 56) e il ventitreenne Simone. Eseguite anche otto perquisizioni domiciliari nelle abitazioni di altrettante persone sospettate di aver acquistato gli oggetti tra Capua, Napoli e Roma. Ogni opera era piazzata per un valore dai 200 ai 2mila euro, ma ogni oggetto aveva un prezzo di mercato almeno doppio. Tra i beni sottratti figurano 22 dipinti della celebre Scuola Napoletana, 15 sculture in bronzo, maioliche, marmi e argenti. Tra le opere pregiate dell'esposizione trafugata spiccano un capitello in pietra formato da due frammenti con lavorazione a foglie risalente al I secolo a.C. in piena epoca Romana (ritrovato nel corso di una perquisizione), ma anche due ritratti attribuiti all'artista neoclassico Costanzo Angelini. L'intero catalogo è stato ritrovato dai carabinieri sul telefonino della donna che inviava le foto degli oggetti via Whatsapp a collezionisti e ricettatori. Gli approfondimenti sono partiti grazie alla denuncia del direttore del Museo, Paolo Jorio, il quale aveva notato movimenti sospetti e l'ammanco di alcune opere. Da lì i carabinieri hanno ricostruito i movimenti della custode.

L'indagine aveva già trovato i primi riscontri un anno fa, quando lo scorso luglio i militari agli ordini del Comandante Brasili perquisirono l'abitazione di Mazzarella. Pochi i reperti ritrovati, tra cui il capitello di epoca Romana, alcune cornici e matrici di monete. I carabinieri sequestrarono però il cellulare della donna e, grazie alle perizie tecniche, furono rinvenute le foto degli oggetti spariti che poi Mazzarella inviava agli acquirenti su Whatsapp. Vasta parte del patrimonio di Villa Livia è stato salvaguardato grazie al tempestivo intervento del direttore, Paolo Jorio, che guida anche il museo Filangieri e quello del Tesoro di San Gennaro. Dopo gli ammanchi, il direttore, con due blitz, aveva trasferito all'interno delle stanze del Filangieri le opere più preziose e soprattutto i tanti francobolli custoditi nella dependance della villa dove ha sede il Centro Nazionale di Studi Numismatici. Il resto delle opere trafugate risulta ancora introvabile, ma i carabinieri stanno cercando di risalirvi attraverso la filiera dei ricettatori. «Sono certo spiega Jorio che come accaduto tante altre volte il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale ritroverà anche queste opere, già lo scorso anno riuscimmo ad approntare una mostra al Filangieri con oltre 100 oggetti recuperati dall'Arma».

Complesso è stato per i militari ricostruire effettivamente le opere mancanti. La custode lavorava all'interno della struttura da oltre 10 anni, ma le indagini sono scattate solo a marzo dello scorso anno. I carabinieri ipotizzano che quel commercio durasse da molto tempo. Difficile comprendere cosa sia stato realmente sottratto perché la catalogazione dei reperti non era completa, solo con l'arrivo di Jorio si è perfezionato il campionamento delle opere. Uno sfregio alla memoria di Domenico De Luca Montalto che, non avendo discendenti, decise di donare la sua dimora per farne un museo a patto che quadri, porcellane e mobili fossero rimasti esattamente dove si trovavano originariamente. Venerdì prossimo nella splendida cornice del Parco Grifeo, dove ha sede anche la dimora storica di Villa Lucia, si darà il via ad una nuova mostra. Un immobile deve essere ristrutturato, ma che al suo interno possiede ancora dipinti magnifici di Abraham Brueghel, Philipp Roos, Johann Heinrich Roos, Micco Spadaro e Consalvo Carelli.
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