Napoli, un milione in strada nella notte dei campioni e nessun incidente

Da Scampia a Fuorigrotta i volti della kermesse che è già storia

Tifosi in strada
Tifosi in strada
di Antonio Menna
Lunedì 5 Giugno 2023, 23:39 - Ultimo agg. 6 Giugno, 07:27
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C’è una potenza liberatoria, come in un rito magico, nella carrellata di volti, striscioni, addobbi, abbracci, piazze gremite, canzoni allo stadio e fuori dallo stadio, che hanno attraversato una festa lunga un mese e poi una sera lunga 33 anni. Non è solo una vittoria sportiva ma la rottura per un attimo dell’“arteteca ‘e chi è stato tutt’a vita a sotto”, come cantava Pino Daniele. Chi vince sempre si abitua, chi non vince mai esplode.

La gioia è quella trattenuta, vale per ieri, vale per oggi, vale per domani.

Non è per caso che uno dei primi inviti dei gruppi del tifo organizzato è stato di mettere ai balconi due bandiere. “Una per chi c’è, una per chi non c’è più”. Chi non ha potuto vedere, chi non ha fatto in tempo. Tutti i nostri padri, tutti i nostri fratelli. Nessuno ha esposto, questa volta, lo striscione “Che vi siete persi” all’esterno del cimitero perché si è andati oltre: è la festa di chi ha atteso, di chi ha saputo guardare il seme, il germoglio, infine il fiore. Di padre in figlio, recitava una delle bandiere più esposte. 

Una città che si riempie di luce. Camion addobbati come carri di carnevale, la nostra Rio: da Fuorigrotta al Plebiscito, nelle periferie così lontane e così vicine. I maxischermi, la coppa al cielo, ma nessuno guardava la tv. Lo spettacolo vero era per strada, mentre quei poveri calciatori erano invece seduti, a tratti un po’ assonnati, su quella tribunetta. Liberateli! Ha urlato qualcuno. Farli girare per le strade sarebbe stato pericoloso?

 

Chissà. Di sicuro sarebbe stato il carro più bello. Volti dipinti, magliette di ieri e di oggi, il ragazzo della curva B che canta al centro del campo; Sannino che abbraccia tutti, come ai tempi del Covid, attori impegnati che recitano e tifano, come Gallo e Orlando, e cantanti di popolo come Franco Ricciardi. Alto e basso, come solo Napoli sa mescolare. E tante donne allo stadio: le tifose che amano il calcio, che ne capiscono e festeggiano.

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Non solo le hostess che portano il trofeo, un sapore un po’ antico, ma una carrellata di appassionate vere. E poi, vabbè, Maradona. Il super santo, anzi il super santos, di questa festa interminabile che non voleva proprio finire perché oggi è così, domani chi lo sa.

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