Mamma coraggio uccisa nel Napoletano, il boss mandante del delitto minaccia pm e pentiti in aula

Mamma coraggio uccisa nel Napoletano, il boss mandante del delitto minaccia pm e pentiti in aula
di Dario Sautto
Martedì 25 Maggio 2021, 23:47 - Ultimo agg. 26 Maggio, 18:14
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Accusato di omicidio, prende la parola in aula, attacca i collaboratori di giustizia e minaccia il pubblico ministero: «Se fossi Galasso o Alfieri, lei non farebbe più il pm». L’increscioso episodio è accaduto ieri durante un processo delicato. Francesco Tamarisco è imputato come mandante dell’omicidio di Matilde Sorrentino, la mamma coraggio che denunciò i pedofili del rione Poverelli di Torre Annunziata.

Più volte condannato perché ritenuto uno dei più potenti narcotrafficanti al servizio dei clan, Tamarisco fu a sua volta coinvolto nella vicenda dei pedofili della scuola degli orrori del suo rione: condannato in primo grado, fu assolto in appello. Ma – sostiene la Procura di Torre Annunziata, l’accusa in aula è rappresentata dal procuratore aggiunto Pierpaolo Filippelli - volle vendicarsi con quella donna che aveva guidato il gruppo di mamme coraggio, facendola ammazzare. Così, Tamarisco si sta difendendo dall’accusa di aver armato il 26 marzo 2004 il killer Alfredo Gallo – che sta scontando l’ergastolo per questo ignobile delitto – e di aver versato un vitalizio in carcere all’assassino, detenuto da 17 anni, comprando il suo silenzio anche con il regalo di una costosa vettura per permettere ai familiari di recarsi ai colloqui, pagando l’omicidio con una somma di denaro e mandandogli vestiti in cella.


Durante la testimonianza del pentito Aldo Del Lavale, Tamarisco ha afferrato il microfono e ha preso la parola dalla saletta del carcere da cui era collegato in videoconferenza. Dopo un primo ammonimento della Corte, ha atteso qualche minuto per fare delle dichiarazioni spontanee, non concordate con gli avvocati Antonio Rocco Briganti e Alessandro Pignataro, che hanno riguardato in gran parte vicende che nulla hanno a che fare con il processo e le affermazioni dei vari collaboratori Pasquale Di Fiore, Michele Palumbo e Aldo Del Lavale. Poi, è arrivata una frase dal contenuto inquietante, ripetuta più volte: «Se fossero imputati Pasquale Galasso o Carmine Alfieri qua – ha detto Tamarisco – allora sarebbe diverso.

Gliela facevo levare da dosso quella toga. Ma dato che io non sono Pasquale Galasso né “Carminuccio” Alfieri, il dottor Filippelli fa ancora il Pubblico Ministero». Un’affermazione dal chiaro contenuto intimidatorio, anche secondo i giudici della Corte d’Assise di Napoli. Al nuovo ammonimento da parte del presidente della Corte, che ha ricordato all’imputato che «se questa frase ha un contenuto intimidatorio, lei se ne assume tutte le responsabilità», Tamarisco ha semplicemente risposto: «Io mi assumo tutte le mie responsabilità». Poi, ha aggiunto una serie di frasi e improperi in dialetto torrese «stretto» che sono ancora al vaglio per le trascrizioni e che conterrebbero ulteriori minacce.

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Immediatamente allertato, il procuratore Nunzio Fragliasso ha espresso «solidarietà» al collega Filippelli. «Ho già informato la Procura Generale – ha aggiunto il capo della Procura – per l’ennesimo episodio che ci dà un’ulteriore cifra della situazione di degrado e violenza in una città, Torre Annunziata, dove un innocente viene ammazzato per cambiare una ruota alla figlia e un 17enne viene gambizzato per futili motivi nella strada più frequentata. Una città dove un imputato di nota caratura criminale alza il livello attaccando un magistrato».
Non è escluso che il verbale di udienza possa essere trasmesso alla Procura di Roma per avviare eventuali indagini sulle minacce nei confronti di Filippelli, già sottoposto a livello 3 di protezione per gli «avvertimenti» nei suoi confronti firmati dai clan di camorra di Ercolano e che tra qualche settimana lascerà la Procura di Torre Annunziata per andare a ricoprire il ruolo di aggiunto a Napoli.
 

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