​Car-T, ultima frontiera contro i tumori: «Così a Napoli abbiamo salvato quattro pazienti»

Car-T, ultima frontiera contro i tumori: «Così a Napoli abbiamo salvato quattro pazienti»
di Ettore Mautone
Domenica 6 Febbraio 2022, 00:02 - Ultimo agg. 17:31
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Guarire da un cancro avanzato quando tutte le terapie fino a quel momento tentate hanno fallito: sembrerebbe la premessa di un miracolo e invece sono i risultati delle Car-T ultima frontiera dell’immunoterapia dei tumori, in particolare di quelli del sangue ma con la prospettiva di allargare il raggio anche a quelli solidi. Milena C. (il nome è di fantasia) ha 60 anni, nata e cresciuta a Grumo Nevano vive insieme alla mamma 90enne. 

La diagnosi per lei un anno fa suonò come una condanna senza appello: linfoma aggressivo non Hodgkin-B di tipo diffuso a grandi cellule. Dopo un autotrapianto di midollo la malattia ha continuato a galoppare. Al policlinico Federico II, presso l’unità multidisciplinare di Ematologia diretta da Fabrizio Pane, è giunta alcuni mesi fa indirizzata dal Cardarelli dove era in cura.

A 6 mesi dal trapianto autologo la malattia non le dava scampo. Valutata la percorribilità della terapia con Car-T. La strategia di cura è basata sulla stimolazione del sistema immunitario: non parliamo tuttavia degli anticorpi monoclonali che negli ultimi anni hanno ridato fiato alle speranze di terapie per molti tumori, ma di un elaborato e complesso processo di manipolazione dei linfociti prelevati, “armati” e addestrati in provetta contro le cellule neoplastiche e quindi rimessi nel sangue. Una tecnica nata negli Usa 20 anni fa. «La prima paziente è stata trattata a giugno 2021 - avverte Pane - la raccolta dei linfociti è avvenuta a metà dello scorso ottobre, poi ha continuato la chemio in attesa delle cellule ingegnerizzate (Car-T) spedite a un’industria farmaceutica d’oltralpe. Il 22 novembre 2021 ha ricevuto l’infusione». Il decorso è stato privo di effetti collaterali rilevanti e dopo sole 3 settimane è stata dimessa: la paziente ha trascorso il Natale con la sua famiglia e attualmente è in remissione completa di malattia.

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«Questo tipo di terapia - conclude Pane - in alcuni casi può dare luogo a un’intensa infiammazione conseguente alla reazione immunitaria che può richiedere un trattamento in rianimazione con il farmaco che abbiamo conosciuto durante la pandemia, il Tocilizumab, che interrompe la tempesta infiammatoria. In questo caso non ve ne è stato bisogno». «Finora al policlinico sono 4 i casi trattati tutti con successo - sottolinea il manager dell’azienda ospedaliera universitaria Anna Iervolino - una conferma della eccellenza clinica». Gli altri casi trattati sono F. R. 21 anni, anche lui come gli altri affetto da linfoma aggressivo ma con metastasi cerebrali che inizialmente, a luglio scorso, avevano frenato l’ipotesi di arruolamento tra i candidabili al trattamento, poi rivalutato a ottobre e trattato a dicembre. Gli altri due pazienti sono S.M. 70enne napoletana refrattaria alle chemio e in cui non è stato praticabile neanche il trapianto di midollo autologo, e P.R. 52 enne della provincia di Napoli, entrambi trattati a cavallo tra dicembre e gennaio. Tutti con risultati straordinari sempre nella stessa identica malattia tumorale del sangue. «Nell’ultimo mese - conclude Pane - abbiamo avuto una paziente che dopo la raccolta e preparazione dei linfociti è andata in progressione e non ha potuto ricevere l’infusione ma stiamo preparando altri 4 pazienti. Con l’unità di oncologia lavoriamo a stretto contatto di gomito in quanto pensiamo di poter utilizzare il trattamento, in maniera sperimentale, anche per alcuni tumori solidi». 

«Siamo anche sede di formazione su questo fronte - conclude la presidente della scuola di Medicina Maria Triassi - Concetta Quintarelli e Biagio De Angelis, oggi nella squadra del Bambin Gesù con Franco Locatelli, hanno studiato in questa scuola». 
 

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