L'utero in affitto della camorra, la pista del traffico di neonati: quattro casi nel mirino

L'utero in affitto della camorra, la pista del traffico di neonati: quattro casi nel mirino
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 7 Ottobre 2019, 07:00 - Ultimo agg. 17:45
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Ha raccontato particolari utili a ricostruire il traffico di bambini gestito da un affiliato della camorra. Ha svelato l'esistenza di un vero e proprio tariffario, con tanto di indicazioni sull'acquisto, sulla somma da corrispondere, sull'etnia del bambino e sul nome dell'intermediaria. Ma anche sulla donna dei misteri, quella che da qualche mese è sfuggita alle maglie della giustizia italiana e che avrebbe intascato 10mila euro - soldi sporchi di camorra - per mettere in affitto il proprio grembo.
 
È il pentito Elio Cafiero a svelare lo scenario in cui si sarebbe consumata una sorta di mercato di neonati, un traffico che - almeno in un'occasione - sarebbe avvenuto grazie alla mediazione di un boss della camorra. Brutta storia, che si consuma sul dolore di chi non riesce a soddisfare la propria esigenza di genitorialità, sugli interessi di chi è disposta vendere il figlio appena nato, ma anche sulla volontà di dominio mafioso del territorio. Ed è in questo scenario che è stato recentemente rinviato a giudizio un boss dell'area orientale, che dovrà rispondere di falso e di alterazione dello stato civile, con tanto di aggravante del fine mafioso. In sintesi, avrebbe fornito dati falsi dinanzi all'anagrafe, per cambiare il cognome di un bimbo appena nato, dopo aver versato una somma di diecimila euro: soldi poi finiti alla cittadina rumena che aveva concepito il piccolo, a mo' di contratto commerciale. E non si sarebbe trattato di un semplice accordo tra privati, a giudicare dalle conclusioni della Procura di Napoli. Non è un caso che la storia viene bollata dalla Dda di Napoli come funzionale alla politica di rafforzamento del boss sul territorio che cade sotto il suo controllo. Un figlio in dono al proprio affiliato, un omaggio per assicurarsi consenso e potere, nella interminabile lotta di affermazione della camorra negli ex quartieri operai di Napoli. Ed è stato lo stesso gip a condividere questa impostazione della Procura, sempre a proposito del ticket da 10mila euro staccato dal boss per il suo affiliato: «Ha agito per fornire la dimostrazione sul territorio della forza della propria organizzazione, tanto da mostrarsi in grado di procurare un figlio a uno dei suoi affiliati».

Inchiesta condotta dal pm Antonella Fratello, magistrato in forza al pool anticamorra dell'aggiunto Giuseppe Borrelli, che in questi anni ha firmato centinaia di arresti, condanne e sequestri al termine delle indagini sulla periferia orientale.
Ed è stato nel corso di questo lavoro, che sono emerse intercettazioni e dichiarazioni di pentiti sul caso del figlio comprato grazie ai soldi messi sul tavolo dal boss. Una vicenda in cui l'attenzione si è focalizzata da mesi su una cittadina romena: è lei la donna dei misteri. Avrebbe dato alla luce almeno quattro bambini, poi offerti a coppie di genitori in cambio di denaro. Una sorta di utero in affitto gestito - almeno in una occasione - grazie alla sponda forte di un boss della camorra. Doverosa a questo punto una precisazione. Quella dell'utero in affitto è una pratica illegale nel nostro Paese, che sarebbe stata comunque condotta da una donna giovane e astuta, perfettamente a proprio agio dinanzi a medici asl, impiegati dell'anagrafe e pubblici ufficiali. Scrive oggi il gip Vertuccio sul suo conto: «La donna risulta avere dato alla luce altri figli, tutti riconosciuti da padri italiani. Questi ultimi risultano tutti originari e abitanti della provincia di Napoli e nessuno di essi è legato alla donna da vincoli matrimoniali, essendo tutti sposati con altre donne italiane».

Una donna in fuga, dunque, inafferrabile. Una sorta di imprenditrice di se stessa che, dopo aver accettato i soldi da un soggetto in odore di camorra, ha poi deciso di lasciare Napoli e di fare probabilmente ritorno in una cittadina dell'est europeo. A leggere le carte sul suo conto, quelle conservate negli archivi di polizia e uffici comunali, spicca la sua esperienza nel campo delle finte attestazioni. Ha fornito almeno quattro domicili diversi, riuscendo probabilmente anche a mascherare fino alla fine la propria identità. È finita a giudizio con l'ultimo nome che ha reso al Comune, quando ha consegnato il piccolo al presunto camorrista di Napoli est. Poi è sparita, forse comprendendo di essersi messa in una situazione di rischio, di pericolo per se stessa e per i propri traffici, proprio quando ha capito lo spessore delle persone con cui ha avuto a che fare.

Insomma, una storia di soldi, di sofferenza e - in alcuni casi - di potere criminale, che punta ad affermarsi anche grazie a gesti ad alto impatto simbolico. E non è un caso che, agli atti delle indagini, ci sono le intercettazioni di alcune donne che commentano la storia del neonato comprato dal boss e dato in omaggio a uno dei suoi affiliati. Parole che sembrano confermare che in alcuni contesti, il disegno di affermazione del potere criminale dei clan non si ferma al racket e alla droga: ma passa anche attraverso il regalo di un bimbo appena nato da parte di un boss al proprio affiliato.
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