Napoli-Venezia, è allarme Covid: tifosi senza mascherine e ammucchiata sugli spalti

Napoli-Venezia, è allarme Covid: tifosi senza mascherine e ammucchiata sugli spalti
di Pino Taormina
Lunedì 23 Agosto 2021, 00:00 - Ultimo agg. 16:41
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«Lo stenda meglio il foglio, la prego». E lo steward imperterrito: «No, non va è troppo stropicciato». Il ragazzo disperato con quello che è il green pass stampato. «L’ho fatto il vaccino, giuro». Scena di ordinaria confusione al gate numero 18 dei distinti superiori, dove la fila nel frattempo dei tifosi si è allungata per tutta via Marino. Ed è ovvio che avvenga questo: perché al primo intoppo si ferma ogni cosa, anche per due minuti, talvolta tre. Un tappo tra Green pass, controllo del biglietto e della carta di identità e infine pure della temperatura. Per entrare nelle due curve è un delirio tra urla, proteste e tifosi imbufaliti (alcuni entrano a gara iniziata). Finito? No, perché poi c’è da guardare dentro gli zaini. Un calvario. Ma il tifoso che ha lottato per entrare con il Green pass spiegazzato, dopo aver fatto anche un’ora di fila non si arrende. E dopo l’ennesimo tentativo la macchinetta che è nelle mani di uno dei volontari della Caritas che ha il compito di verificare il certificato vaccinale, si illumina di verde. 

 

Ma a non tutti va così bene. Saranno alle fine circa 250 i tifosi che non entreranno allo stadio. Ci vuole pazienza per stare ai tornelli, per fare i controlli, in una serata come quella di ieri. Spiegano: «Meglio non stampare, meglio tenere sul telefonino il Green pass». Per molti è troppo tardi. 539 giorni dopo quel Napoli-Torino, i tifosi tornano allo stadio. Ed è la prima volta nello stadio che si chiama Maradona, perché quando è stato ribattezzato così quegli spalti erano vuoti, deserti anche nell’anima. Ma all’esterno, è il caos totale. Certo, è la vita che torna a scorrere e c’è la stessa confusione che ogni giorno, in tutti i posti, si può assistere in questa estate, ma per entrare non ci sono regole che tengono: distanziamenti inesistenti, assembramenti a ridosso dei tornelli, mascherine calate ma c’è anche chi non lo ha proprio. Impossibile fare controlli uno a uno, impensabile solo provarci: è una marea azzurra che si ammucchia senza pensare al rischio che pur ancora c’è, nelle due curve assistono alle gare in piedi.

Ma nessuno si tira indietro, nessuno. C’è chi alza la voce, certo: «Perché solo un varco aperto in Curva B?», strepita inferocito un tifoso. 

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Non è semplice per i poliziotti che pure sono mobilitati in massa controllare i circa 18mila spettatori che pure già dalle 17,30 hanno iniziato a mettersi lì in fila. C’è anche il questore Alessandro Giuliano a gestire in prima persona allo stadio l’ordine pubblico: c’è da fare i conti anche con i 93 tifosi del Venezia che arrivano su due bus e si piazzano nel settore ospiti. Una volta dentro, soprattutto in curva A e in quella B, i tifosi si assiepano ignorando il posizionamento a scacchiera. Nulla. Gli ultras ci sono, magari non tutti, ma alla fine ci sono. E i cori sono quelli del tifo organizzato. E nessuno mantiene il distanziamento nelle due curve. Nessuno. «Noi vogliamo vincere» gridano dalla B e poi l’urlo dedicato a Insigne, una vera e propria dichiarazione d’amore, ammesso che ne abbia bisogno: «Un capitano, c’è solo un capitano». Il punto che tutto questo avviene senza rispettare le norme anti-Covid, al momento del fischio di inizio nelle due curve ogni distanziamento è cancellato. In Curva A anche se non era annunciati spunta lo striscione degli ultras «Curva A stile di vita». E sono tutti uno addosso all’altro, in una ammucchiata senza regole. D’altronde, il Napoli ha fatto quello che doveva fare e anche le forze dell’ordine hanno fatto tutto ciò che andava fatto: i biglietti sono stati venduti in modo tale che gli spalti siano riempiti a “scacchiera”, con dei seggiolini lasciati liberi per permettere il distanziamento. Per gli steward (una grande fatica ormai reperirli, perché non ce ne sono) complicato fare rispettare la regola. È tutto molto disordinato, il piano non funziona affatto. In teoria, chi non rispetta la norma rischia una ammenda di 166 euro. Nei distinti e in tribuna, almeno, il distanziamento pare reggere. Ma sono le mascherine che, pur se tutti obbligati a tenerli, in molti non hanno. Lo speaker Decibel si prende una bordata di fischi quando prova a ricordare le regole per stare in uno stadio nell’era della pandemia. È andata così ovunque, sia chiaro: basta vedere le scene di San Siro, di Empoli, Bologna o dell’Olimpico di Torino ma anche dei tifosi juventini alla Dacia Arena ieri pomeriggio. Non è facile questa fase iniziale della convivenza tra la voglia di normalità e quella di evitare il contagio. 

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