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Napoli: ucciso da un cornicione in via Duomo, trenta a processo per la morte del commerciante

Rinviati a giudizio due amministratori del condominio e i 28 proprietari degli appartamenti nello stabile

Il crollo in via Duomo nel 2019 e la vittima Rosario Padolino
Il crollo in via Duomo nel 2019 e la vittima Rosario Padolino
di Leandro Del Gaudio
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 30 Gennaio 2023, 23:59 - Ultimo agg. : 31 Gennaio, 06:50
4 Minuti di Lettura

C’erano state delle riunioni di condominio e il problema era presente a tutti. Tanto che erano state contattate anche delle ditte private, che avevano esposto la necessità di intervenire, per mettere in sicurezza l’intero cornicione. Riunioni, assemblee, incontri, che si sono tradotti in un nulla di fatto. Di fronte al rischio incombente per la pubblica incolumità, si limitarono a un intervento di superficie, una semplice rete di contenimento. Nulla di più. Troppo poco per rimuovere il rischio crollo, per mettere in sicurezza quella zona. Troppo per impedire un epilogo drammatico: parliamo della morte di Rosario Padolino, commerciante di via Duomo, colpito a morte dal crollo di un cornicione l’otto giugno del 2019. Un dramma annunciato, a leggere la ricostruzione investigativa firmata dal pm Stella Castaldo, magistrato in forza al pool guidato dall’aggiunto Simona Di Monte. 

Omicidio colposo e mancata rimozione di un pericolo per la pubblica incolumità sono le accuse mosse nei confronti di due amministratori di condominio che si sono avvicendati, a partire dal 2013, nella gestione del condominio. Non è tutto. Sono sotto accusa anche i 28 proprietari degli appartamenti all’interno dello stabile di via Duomo, che sarebbero rimasti inerti di fronte al richiamo di mettere in sicurezza quel complesso monumentale. 

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Quattro anni fa, la morte del commerciante turbò l’opinione pubblica cittadina, anche per la riconosciuta sensibilità del commerciante lapidato in una delle strade più belle e centrali del centro cittadino. Aveva 66 anni ed era prossimo alla pensione, Rosario Padalino. Da oltre 40 anni gestiva il suo negozio “Coriandoli” lungo la sua amatissima via Duomo. Un decano del commercio locale, ma anche un convinto assertore della necessità di investire sul restyling di quel pezzo di centro storico. Si era battuto per velocizzare gli interventi di riqualificazione, si era fatto portavoce delle esigenze di tanti commercianti, per rendere più spediti i lavori di un cantiere che sembrava infinito (e che invece è stato rimosso dopo la sua morte). Accanto a lui la moglie e le due figlie, mai come in questo caso decisi a costituirsi parte civile, (assistiti dagli avvocati Roberto Rapalo, Claudia Simeoli, Antonio Costantino Peluso), nel corso della prima udienza fissata per il 5 aprile del 2023, dinanzi al gup Ambra Cerabona. 

Ma in cosa consistono le accuse mosse dalla Procura di Napoli a carico dei trenta imputati? Si parte da una costruzione che minacciava rovina da diversi anni prima. Almeno dal 2013, scrivono i pm. Secondo questa ricostruzione, finiscono sotto accusa Daniela Polcaro, prima amministratrice (fino al 2017); e Vincenzo Bernardo, amministratore dal 2017. Difesi dagli avvocati Gennaro Pecoraro, Vanni Cerino e Fabrizio D’Urso, i due amministratori avranno modo di replicare alle accuse, dimostrando la correttezza nel proprio operato nel corso del procedimento in corso. Stesso ragionamento da parte di tutti gli altri 28 imputati.

Ma torniamo alle accuse mosse dalla Procura. Infiltrazioni in corso, condizione di ammaloramento, rischio di crollo evidente «anche da una semplice ricognizione visiva», dal lato della strada. 

 

Scrive il pm: «ConsapevolI del pericolo indicato anche all’ordine del giorno dell’assemblea convocata a partire dal 26 giugno 2014, avendo dato e preso atto delle gravi condizioni in cui si trovava il cornicione all’assemblea dell’8 gennaio 2015, assemblea in cui veniva deliberato l’affidamento di incarico per l’esecuzione dei lavori poi non eseguiti; quindi limitandosi a far apporre nell’autunno del 2015 una rete di contenimento del cornicione; parliamo di un intervento provvisionale cautelativo cui non faceva seguito alcun intervento risolutivo definitivo, avrebbero omesso quindi di disporre interventi manutentivi contenitivi urgenti, ad esempio quelli indicati dalle ditte che erano state contratte e contattate nell’anno 2015». E non è tutto: non si sarebbero attivati comunque di fronte all’inerzia dei proprietari per le opere di messa in sicurezza successive e a tutela della incolumità delle persone, «sottraendo le stesse al pericolo di essere travolte dal crollo del cornicione o di parte di esso». Ora tocca al giudice fare chiarezza sulla morte del commerciante. 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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