Vigilante ucciso in metro, Minniti: «La sfida si vince a scuola»

Vigilante ucciso in metro, Minniti: «La sfida si vince a scuola»
di Gerardo Ausiello
Domenica 18 Marzo 2018, 12:41
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A sentirlo parlare, non sembra uno che sta preparando le valigie. Nelle prossime settimane Marco Minniti lascerà la guida del Viminale, ma l’attività del ministero dell’Interno, nonostante il «terremoto» politico - la debacle del Pd, il suo partito, e la sconfitta dei moderati, travolti dai populisti - non ha subìto rallentamenti. Venerdì Minniti era in Niger per un vertice strategico sul controllo delle frontiere dei Paesi dell’Africa occidentale e ieri è stato il primo a congratularsi con forze dell’ordine e magistratura per l’arresto degli assassini del vigilante Francesco Della Corte, ucciso a sprangate da un pezzo della Napoli violenta per una pistola: «In uno Stato di diritto non è consentita alcuna impunità agli autori di delitti così efferati». 
 

Il Times lo ha definito «pioniere» nei negoziati con la Libia («Minniti ha tagliato gli attraversamenti del 70 per cento nella seconda metà dello scorso anno e lo ha fatto negoziando con i sindaci e i capitribù libici e assistendo la guardia costiera», ha scritto il quotidiano britannico che ha ricordato la creazione, a dicembre, di un’unità congiunta tra Roma e Tripoli per lavorare in sinergia contro il traffico di essere umani), ma è solo uno dei fronti aperti. L’altro è quello della criminalità, organizzata e comune, filo rosso che unisce un’Italia divisa su tutto. È su questo terreno che, in un colloquio con Il Mattino, il responsabile del Viminale rivendica in particolare una cosa: aver messo in campo un’idea, un piano organico che, assicura, «sta funzionando». 
 
A conferma di ciò, Minniti elenca gli ultimi risultati ottenuti sul versante del contrasto agli autori di terribili delitti: «Abbiamo preso un altro aggressore di Arturo (il 17enne napoletano ridotto in fin di vita da una babygang lo scorso 18 dicembre, ndr); smantellato le organizzazioni mafiose a Ostia e colpito duramente quelle del Foggiano; individuato i responsabili dell’omicidio della 84enne Anna Rosa Tarantino, vittima innocente dei clan a Bitonto. E poi i tre minori arrestati per l’omicidio del metronotte nella stazione della metropolitana di Piscinola, che hanno confessato». Azioni non casuali, osserva il ministro dell’Interno, ma frutto di «un’attività metodica, non a spot, portata avanti in questi quindici mesi. Può piacere o meno, però il dato è questo».

La trincea oggi è l’emergenza minori all’ombra del Vesuvio, dove si è registrata un’escalation di episodi di violenza, che hanno troppo spesso come protagonisti giovanissimi sbandati. Minniti è stato a Napoli a metà gennaio, quando in Prefettura fu varato un piano per tentare di arginare questa deriva. «In quella occasione - ricorda - dicemmo che la risposta sarebbe stata duplice: investigativa, individuando le responsabilità di coloro che si erano macchiati di gravissimi reati, e preventiva, assicurando un maggiore controllo del territorio. Accanto a questo si è deciso di intervenire nel campo educativo. Il ministero dell’Interno ha lanciato il progetto, finanziato e già operativo, di accompagnamento all’obbligo scolastico per 400 ragazze e ragazzi del rione Sanità. E poi sempre il Viminale si farà carico di un progetto con gli educatori di strada attraverso i fondi del Pon sicurezza. In questa direzione abbiamo costruito rapporti costanti con il Comune di Napoli per avere una cabina di regia unica che sia incentrata sull’educazione. Questo è il piano organico, che sta dando i suoi frutti - insiste Minniti - iniziativa che non marcia solo su una delle due gambe, ma su entrambe. È chiaro, l’obiettivo non si raggiunge domani mattina, perché occorre un investimento di medio periodo».

Nell’immediato la risposta è «l’arresto dei colpevoli, che serve a dare fiducia alla gente. Un giorno ho incontrato la madre di Arturo, che mi ha detto: “Avete preso solo uno degli aggressori di mio figlio”. Io sapevo che eravamo sulle tracce di un altro aguzzino ma non potevo dirlo. Poi lo abbiamo arrestato. Sui minori la Procura ha un coordinamento specifico, con un procuratore aggiunto ad esso dedicato, c’è un progetto complessivo che non si era mai visto prima, e le istituzioni non hanno un attimo di pausa», neppure in questa fase post elettorale.

Ma in contesti come quello napoletano («io sono di Reggio Calabria, lì - come da voi - esistono situazioni storicamente critiche»), dove in alcuni quartieri, specie nell’area nord, la dispersione scolastica raggiunge livelli drammatici, la sfida più ardua da vincere riguarda l’istruzione. Su questo fronte c’è ancora tanto, troppo da fare: i tre minori che hanno ucciso il vigilante avevano da tempo interrotto gli studi. «Ne siamo consapevoli, per questo siamo intervenuti come Viminale, perché abbiamo adottato l’elemento della straordinarietà tipico del ministero dell’Interno, che consente di far partire misure strategiche immediatamente. È il caso, appunto, del progetto nel rione Sanità e di quello dei maestri di strada, che sta per decollare». Ecco perché Minniti invita ad un’analisi costruttiva, che tenga conto anche degli aspetti positivi: «Certo, le situazioni difficilissime non vengono cancellate ma il segnale - sottolinea - è che emerge un disegno organico per intervenire sulle criticità, piano che non è rimasto lettera morta. Ribadisco, dunque, l’apprezzamento alla magistratura e alle forze dell’ordine, che sono un patrimonio dell’Italia. Le operazioni portate a termine contemporaneamente a Bitonto e a Scampia testimoniano lo straordinario impegno e la capacità che mettono in campo quotidianamente».

Lo stesso approccio, all’insegna del pragmatismo, il ministro lo rivendica sull’emergenza immigrazione. «Tutto il mondo guarda ai risultati ottenuti dall’Italia. Sono rimasto molto colpito dal fatto che per la prima volta nella storia il Times ha scritto che l’unico Paese con una ricetta sull’immigrazione è il nostro». Un riconoscimento, racconta Minniti, arrivato anche nel corso del vertice dei 5+5 del Sahel, in Niger, a cui hanno partecipato diversi Stati europei: «Abbiamo discusso di come rendere più efficace il controllo sul confine sud del Paese, oltre che il monitoraggio marittimo, in funzione anti-immigrazione illegale e anti-terrorismo. È uno scenario complicatissimo. Parliamo di Stati, quelli dell’Africa occidentale, che hanno in sé una strutturale fragilità, per cui non bisogna mai abbassare la guardia». Ebbene «in quella sede il ministro nigerino ha detto cose importanti e senza precedenti sull’Italia, ci è stato riconosciuto un ruolo, la capacità di aver costruito un modello che potrebbe essere decisivo per l’Europa».

Quindi un’amara considerazione: «All’estero si percepisce ciò che abbiamo fatto e stiamo facendo, mentre in Italia questo non avviene. Ma non voglio polemizzare, non è il momento». La risposta alle critiche, rileva il ministro, sta nei numeri: «Basta leggerli, c’è un sito internet pubblico dove vengono riportate le cifre degli sbarchi. Nei primi due mesi e mezzo dell’anno rispetto al 2017 siamo al 60 per cento in meno di immigrati arrivati sulle nostre coste, che diventano il 70 per cento se si prende in considerazione la sola Libia. L’anno scorso erano più di 16mila, ora poco meno di 6mila. La filosofia resta la stessa: accoglienza diffusa e chiusura dei grandi centri perché, per quanto ben gestiti, non favoriscono politiche di integrazione». È un bilancio che ha il sapore dell’addio: «Per me parlano i traguardi raggiunti, tutto quello che si poteva fare lo abbiamo fatto».
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