Napoli zona rossa, negozi ancora chiusi: «Basta, riapriamo e venderemo mutande»

Napoli zona rossa, negozi ancora chiusi: «Basta, riapriamo e venderemo mutande»
di Valerio Iuliano
Martedì 6 Aprile 2021, 09:00 - Ultimo agg. 18:35
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«Se non ci fanno riaprire, saremo costretti a farlo comunque». Per i titolari dei negozi di abbigliamento le serrande abbassate, a causa dei divieti anti-Covid, equivalgono a una condanna calata dall'alto, in base a norme cervellotiche, che si ripercuotono solo su pochissime categorie. «Ci sono mille modi per evitare la chiusura e il fallimento totale delle nostre aziende, purtroppo la situazione è drammatica. Nessuno ci può salvare e allora ci salviamo da soli», spiega la presidente di Federmoda Roberta Bacarelli. La salvezza dei negozi di abbigliamento, calzature e gioielleria passa per una sola strada. La riapertura- Da oggi molti esercizi aderenti a Confcommercio saranno riaperti e i negozianti si dicono disponibili anche a vendere articoli di intimo, pur di rientrare tra le categorie esentate dai divieti. Un escamotage necessario per un settore, quello dell'abbigliamento-moda, che a Napoli vantava, agli inizi del 2020, un fatturato annuo di circa 1,7 miliardi di euro e 43mila addetti, indotto compreso. Ma per lo stesso comparto, ora, si profila il rischio del tracollo. 

L' abbigliamento di filiera ha perso nel 2020 oltre il 30% dei fatturati. «Sono circa 800 le adesioni in città e molte altre si aggiungeranno dopo il primo giorno», aggiunge Bacarelli. «Abbiamo deciso di riaprire rispettando la legge e le prescrizioni anti Covid, come abbiamo sempre fatto». I commercianti protestano da mesi contro i regolamenti che impongono la chiusura solo ad abbigliamento, calzature e gioielleria, mentre danno il via libera ad altri esercizi dello stesso comparto. «Per poter riaprire - sottolinea la presidente di Federmoda - ci dicono che dobbiamo vendere prodotti sportivi o intimo, perché i nostri prodotti non sono considerati beni di prima necessità e così faremo. Secondo il governo un indumento intimo, una scarpa da ginnastica o una felpa possono decidere se un negozio resta aperto o debba fallire, non la sicurezza del luogo in cui viene venduto e l'osservanza delle norme anti-Covid. Abbiamo messo in campo una protesta che deve far capire che i nostri negozi sono sicuri e che non è certo il tipo di merce che vendiamo che puó fare da discriminante». Un paradosso evidenziato anche dalla presidente di Confcommercio Carla Della Corte. «Non bisognerà meravigliarsi se da oggi prolifereranno negozi di mutandine o scarpette ginniche, in qualche modo dobbiamo andare avanti.

Questa è la terza stagione che rischia di saltare, i nostri magazzini sono pieni di merce invenduta che a breve non varrà più niente. Ci sono i fitti da pagare, le utenze, le tasse, l'Inps, tutto continua come se il Covid non esistesse e noi nel frattempo - conclude la leader di Confcommercio - continuiamo ad essere chiusi perché non vendiamo gli articoli giusti». 

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Da Chiaia al Vomero, dal Corso Umberto a via Toledo, le adesioni all'iniziativa odierna si moltiplicano, mentre alcuni commercianti sono disposti anche ad effettuare il delivery, con la consegna a domicilio dei capi di abbigliamento. «Se il governo ha deciso che dobbiamo vendere mutande, lo faremo. Noi rispettiamo le esigenze di tutela della salute, ma il governo deve capire che abbiamo bisogno di andare avanti», spiega Claudia Catapano, presidente di Chiaia district e titolare di 6 negozi di abbigliamento e oggetti per la casa. Anche Annarita Monopoli, titolare di due negozi di abbigliamento a Via Bisignano e via Carlo Poerio, oggi riaprirà. «Ho già fatto richiesta di aggiunta di codice Ateco per l'intimo. Non è il Codice Ateco che ci tutela dal Covid 19. Siamo stanchi. Noi vogliamo lavorare». Per domani è prevista a Piazza Plebiscito, un'altra manifestazione, quella di Confesercenti, con gli imprenditori che rimetteranno idealmente nelle mani del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella le loro licenze commerciali. In piazza ci saranno 15 croci, simbolo della disperazione di ciascun settore commerciale. 

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