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Narcotraffico, le chat segrete del boss dei Van Gogh Raffaele Imperiale: «Ho mosso mezza Colombia»

di Leandro Del Gaudio
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 10 Ottobre 2022, 23:55 - Ultimo agg. : 12 Ottobre, 07:28
4 Minuti di Lettura

A sentirli parlare sembrano dei manager di una multinazionale, di quelli che - con la forza di un touch al computer - spostano quattrini e merci da un continente all’altro. A leggere quelle chat (ce ne sono cento milioni), sembra di seguire la giornata di un capitano di azienda su scala planetaria. Hanno nomi strani, ovviamente in codice: “Pentagon” o “Plutone” e chissà quali altri alias. Parlano spagnolo, inglese, ovviamente napoletano e si confidano ansie e ambizioni, progetti e delusioni. 

APPROFONDIMENTI
Droga nel porto di Gioia Tauro: coinvolto Imperiale
Cento milioni di chat su Raffaele Imperiale
Dubai, l'ex Eden di latitanti di camorra dopo l'estradizione di Mauriello e molti altri

Eccoli Raffaele Imperiale e Bruno Carbone, il primo detenuto da un anno; il secondo in fuga da una vita. A leggere le carte della Dda di Reggio Calabria, che ha chiesto e ottenuto arresti per i due vesuviani per traffico di droga, spunta uno scenario: esiste un ordine mondiale della cocaina, una sorta di cupola che ha unito per anni colombiani, calabresi, albanesi, napoletani. Già, i napoletani. Restiamo al duo Carbone-Imperiale, secondo quanto emerge dalla decrittazione di conversazioni avvenute attraverso l’ormai famigerato Sky ECC, bucato dal reparti investigativi olandesi, poi passato ai francesi, che hanno poi trasmesso agli italiani le carte legate a camorra, ‘ndrangheta e clan albanesi. 

Difeso dai penalisti Massimo Caiano e Maurizio Frizzi, sabato mattina Imperiale si è avvalso della facoltà di non rispondere. È accusato di aver organizzato un traffico di cocaina dal porto colombiano di Turbo a Gioia Tauro, con scalo europeo in Olanda. Un traffico condotto assieme al presunto socio calabrese Bartolo Bruzzaniti e al socio di sempre Bruno Carbone: quest’ultimo viene definito “amico”, “brother”, “amigo”, “compare”, a seconda del contesto in cui avviene la conversazione. Sono tre i problemi da risolvere: corrompere i funzionari della dogana; trovare gli addetti al posizionamento dei panetti di cocaina, garantire uno scalo europeo a prova di controlli. Dice Bruzzaniti: «Bisogna creare un container gemello con le banane vere... Ho smosso mezza Colombia per ottenere questo risultato». Chiede Imperiale: «E cosa accade se alcuni impiegati (onesti) si mettono a controllare il container?». La risposta è netta: «Bisogna garantire una pensione dorata al funzionario delle Dogane...». Ma preliminari a parte, Imperiale e Carbone focalizzano la loro attenzione sul progetto: «Se Dio Vuole coroniamo questa di Turbo, se va bene Turbo prendono 12,13 milioni bro’». 

Video

È il 22 febbraio del 2021, quando Imperiale prova a tranquillizzare il suo interlocutore, tracciando anche un bilancio della sua (presunta) carriera di narcos: «Ma cerchiamo di essere forti, che siamo solo all’inizio, dobbiamo fare 30 t (tonnellate?) quest’anno, importante che facciamo prima e 30 t, e poi prima di ogni altro stress possiamo anche parlare di andare in pensione che abbiamo fatto tanto per arrivare dove siamo arrivati. Non possiamo arrenderci adesso». Ormai è tutto pronto, siamo alla scena finale. Dice Imperiale da Dubai: «Sono 1920 panetti di cocaina»; e Carbone: «Ci vuole una tripletta di questa...», strappando un «magari» da parte del suo socio di sempre. Poi, sempre chattando con il suo socio, Imperiale si lascia andare a un commento sulla politica italiana in materia di mafia e di latitanti, dopo aver appreso che il suo nome è in cima alla lista dei wanted a Napoli: «Ormai non ce n’è rimasto più nessuno (di boss latitanti); in Sicilia non c’è più nessuno, la verità è che non c’è più delinquenza e mettono due nomi a caso (tra cui anche il suo) nella lista dei ricercati, ma lo fanno solo per mangiarsi i soldi delle tasse...». Parola del boss che custodiva due tele di Van Gogh rubate ad Amsterdam e che li ha offerti allo Stato (col permesso del boss Amato), per evitare condanne alte. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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