Denunciò i pedofili a Torre Annunziata e fu uccisa, le altre mamme: «Lasciate sole»

Denunciò i pedofili a Torre Annunziata e fu uccisa, le altre mamme: «Lasciate sole»
di Dario Sautto
Giovedì 3 Ottobre 2019, 11:25 - Ultimo agg. 13:53
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«Abbiamo salvato altri bambini, dopo noi altre tre persone hanno trovato il coraggio di denunciare. Erano coinvolte tre classi intere di bambini, gli altri genitori dove sono? Perché non hanno denunciato?». Annunziata è la prima delle tre «mamme coraggio» di Torre Annunziata che, a metà anni '90, denunciò i pedofili del rione Poverelli. Ieri, insieme all'altra mamma Bianca, ha testimoniato al processo per l'omicidio di Matilde Sorrentino, il cui mandante è l'accusa sostenuta dal procuratore di Torre Annunziata, Pierpaolo Filippelli fu Francesco Tamarisco. Sta scontando l'ergastolo Alfredo Gallo, il killer che ha materialmente ucciso la donna sull'uscio di casa il 26 marzo 2004.
 
«Quando uccisero Matilde io già ero andata via da Torre Annunziata ha raccontato la donna, imparentata con il boss poeta Aldo Gionta perché gli imputati di quel processo erano usciti per scadenza dei termini e mi minacciavano per strada. Qualche sera prima dell'omicidio avevano cercato anche noi: prima una finta consegna di pizze, poi sotto casa dei miei suoceri si presentarono due uomini con il casco integrale. Il calvario, però, iniziò dopo gli arresti: bombe carta sotto casa, telefonate di minacce, bossoli di proiettili dove lavorava mio marito». Un clima di terrore per chi aveva fatto il suo dovere di mamma: denunciare gli orchi (all'epoca ancora ignoti) che avevano abusato di suo figlio all'interno della scuola degli orrori del rione Poverelli, che il piccolo frequentava.

Annunziata ha deciso di testimoniare in videoconferenza, ma da un luogo protetto e ripresa di spalle. Ha ancora paura e teme per l'incolumità di suo figlio, tuttora sottoposto al programma di protezione per i testimoni di giustizia, nonostante abbia ormai 31 anni. Da anni vivono lontano da Torre Annunziata. Stessa decisione presa da Bianca, che si è convinta a testimoniare solo con l'accompagnamento coatto da parte dei carabinieri. La paura anche per lei è forte, il cognome dell'imputato è di quelli che incutono timore in città. Infatti, prima di iniziare a parlare, lo sguardo va al pubblico che assiste all'udienza in Corte d'Assise a Napoli. Ci sono tre donne, tra cui Maria e Antonella, le sorelle di Francesco Tamarisco condannate per aver provato a corrompere suo figlio e il figlio di Matilde, perché ritrattassero le accuse di pedofilia contro il narcotrafficante del rione Poverelli. In primo grado, Tamarisco era stato condannato per aver presenziato a uno degli episodi di violenza, con l'assoluzione piena in appello. Lei, però, era il «gancio» con i Tamarisco, conosciuti in ospedale. «Conoscevo Matilde, eravamo vicine di casa al parco Trento e denunciammo i pedofili dopo Annunziata. Se ero una mamma coraggio? Sì».

Bianca venne a sapere delle violenze subite da suo figlio Antonio - che ieri non si è presentato a testimoniare - dai carabinieri, che avevano individuato quel bambino tra le possibili vittime degli orrori. «In quel periodo ho subito minacce nell'aula del tribunale, telefonate anonime, insulti, come accadeva anche a Matilde». Dalle denunce dell'epoca vengono fuori i dettagli: «Ti tagliamo la testa. Ti spariamo. Devi ritirare la denuncia». Poi arrivò l'omicidio di Matilde Sorrentino: «Dal 2004 sono andata via da Torre Annunziata. Avevo paura di fare la fine di Matilde».
 
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