«Mia figlia Norina uccisa a Melito
ma il suo assassino non avrà l'ergastolo»

«Mia figlia Norina uccisa a Melito ma il suo assassino non avrà l'ergastolo»
di Giuliana Covella
Martedì 12 Ottobre 2021, 10:23 - Ultimo agg. 13 Ottobre, 07:08
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«Per chi ha ammazzato mia figlia mi aspetto una giusta condanna da parte dello Stato». Gabriella Bertotto, madre di Norina Matuozzo, risponde al telefono con tono pacato ma deciso. Da quando sua figlia è morta, vive in una località protetta insieme al marito e ai due nipoti, che ha avuto in affidamento dal Tribunale dei minori. Norina fu uccisa a Melito il 2 marzo 2019 dal marito Salvatore Tamburrino, ex affiliato al clan Di Lauro di Secondigliano e oggi collaboratore di giustizia. Una donna di 33 anni ammazzata senza pietà con tre colpi di arma da fuoco in casa dei genitori davanti ai figli, lo stesso giorno dell'arresto del boss latitante Marco Di Lauro. «Quell'uomo deve pagare, perché ha spento il sorriso di Norina», è la richiesta di mamma Gabriella alla vigilia della sentenza che domani dovranno emettere i giudici della Corte di Appello di Napoli.

Domani si terrà l'udienza con cui i giudici emetteranno la sentenza per confermare o meno l'ergastolo per Tamburrino. Qual è il rischio?
«Che invece del carcere a vita, come stabilito dalla sentenza di primo grado, la pena per chi ha ucciso mia figlia possa essere ridotta a 30 anni.

Trent'anni che - è facile ipotizzare - possano ridursi ancora tra benefici e sconti di pena».

Come si è arrivati a questo?
«Lui in primo grado è stato condannato all'ergastolo con isolamento diurno. Poi gli hanno negato il patteggiamento di 30 anni, fino all'appello dello scorso primo ottobre, richiesto dai suoi legali che vorrebbero far cadere tutte le aggravanti (maltrattamenti, riciclaggio, premeditazione)».

Cosa ricorda di quel tragico giorno?
«Che quell'uomo ha ammazzato mia figlia in casa mia, sotto gli occhi dei genitori e dei loro due figli piccoli. Non glielo perdonerò mai».

Eppure Tamburrino, suo ex genero, vi ha chiesto perdono.
«Sì. Eravamo entrambi in videoconferenza. Lui ha chiesto al giudice di leggere una lettera, ma io non ho voluto ascoltare. Così ho preferito uscire. Quando sono rientrata mi sono state riferite le sue parole».

Cosa diceva la lettera?
«Iniziava con suocera, chiedo perdono. A voi e a tutta la famiglia, anche se so che non lo farete. Poi chiedeva di potersi occupare del mantenimento dei figli. Ma i miei nipoti non vogliono nemmeno sentir parlare del padre».

Com'è cambiata la vostra vita in questi due anni e mezzo?
«Stiamo seguendo il programma di protezione. I miei nipoti, A., la primogenita, oggi ha 16 anni e mezzo. Il minore, C., ne ha 9 e mezzo. Vanno a scuola, cercano di andare avanti nonostante il dolore per la perdita della madre, ma la loro vita è sempre sotto banco».

In che modo ha pensato di far sì che il sacrificio di sua figlia non sia stato vano?
«Appena usciremo dal programma di protezione, la mia priorità sarà creare un'associazione intitolata a Norina. Un progetto per il quale sono già in contatto con Adriana, la mamma di Stefania Formicola. Non voglio che il nome di mia figlia sia dimenticato, né che vi siano altre vittime di femminicidio. Perciò lancio un appello forte e chiaro alle tante donne che subiscono in silenzio violenze, maltrattamenti, abusi».

Quale?
«Prima di tutto abbiate il coraggio di abbandonare questi uomini violenti, poi denunciate. E alle istituzioni dico: create più strutture protette per accogliere le vittime».

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