Nunzia Castellano vittima di femminicidio: «Diamo voce alle donne che non vengono tutelate»

Nunzia Castellano vittima di femminicidio: «Diamo voce alle donne che non vengono tutelate»
di Emiliano Caliendo
Lunedì 23 Maggio 2022, 08:04 - Ultimo agg. 24 Maggio, 18:01
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A distanza di 19 anni il ricordo di Nunzia Castellano, vittima di femminicidio a 31 anni, da parte del suo ex fidanzato, il 14 novembre del 2003, è ancora vivo. Ne sono la dimostrazione le tantissime persone accorse alla presentazione di un libro sulla sua vita, scritto in prima persona «per far sì che Nunzia parli ancora attraverso la scrittura», svela l’autrice Adelaide Camillo. «Gli occhi blu di Nunzia» (Pav edizioni), questo il titolo dell’opera, è stato presentato domenica 22 maggio, data del suo cinquantesimo compleanno, presso l’Hbtoo a Coroglio. Luogo di musica e divertimento la notte, proprio come sarebbe piaciuto a Nunzia - donna che amava appieno la vita, senza remore –, ma soprattutto affacciato sul quel mare dell'isolotto di Nisida che tanto ricorda il colore dei suoi occhi vispi, accesi come fari nell’anima di chi ne conserva il ricordo. Allora, il libro – i cui proventi saranno devoluti alla fondazione Santobono Pausyllipon - ha una doppia funzione, come spiega commossa, la sorella di Nunzia, Mariarosaria: «Questo libro racconta la vita di Nunzia e rappresenta il forte desiderio di far sì che mia sorella restasse per sempre indelebile nel cuore di tutti. Come un’opera d’arte o il protagonista di un libro diventa immortale, così lo sarà mia sorella. La seconda motivazione è quella di dare voce alle donne che si sentono vittime, che non vengono tutelate e sono costrette a subire violenze di tipo fisico e psicologico». Tragedie come quella di Nunzia, illogiche, conseguenza del male proveniente da un carnefice che un tempo appariva come partner rassicurante, lasciano emergere quel coraggio che spinge donne come Mariarosaria a far sì che quanto accaduto alla sorella, non possa succedere ad altre.

«Abbiamo un’associazione che porta il nome di mia sorella e da anni ci battiamo affinché i diritti delle donne vengano presi sempre più in considerazione. Ci sono istituti che non tutelano le donne vittime di violenza, come il rito abbreviato o l’indulto. Esiste un Codice penale che va rivisto. Non è possibile che per reati gravi ci possano essere il rito abbreviato, l’indulto o gli sconti di pena. Le pene devono essere commisurate alla gravità del reato. Credo che lo Stato debba fare molto di più per le donne, ci vogliono più fatti e meno parole». Accanto ai familiari di Nunzia e alla sorella Mariarosaria sono state presenti oltre all'autrice del libro, Adelaide Camillo, la criminologa Antonella Formicola, il magistrato Marina Ferrara Antico, la presidente della commissione politiche sociale della Regione Campania Bruna Fiola, la consigliera comunale di Napoli Alessandra Clemente. Ogni intervento è stato intervallato dalla lettura di un brano del libro, letto dalla brava attrice Manuela Mosé

«Considero la scrittura – dice l’autrice Camillo - un mezzo importantissimo per dire il nostro no alla violenza di genere e al femminicidio; per dire basta a chi dice di amare e in realtà non ama e che nega tutto: la libertà personale, lo stare con la sua famiglia, procurandogli una violenza continua, fisica, economica e psicologica.

Per poi arrivare al femminicidio quando le vittime arrivate a un certo punto della loro esistenza, decidono di mettere fine ai soprusi. Dobbiamo far sì che si impari a rispettare la donna in quanto tale, come elemento indispensabile della società affinché questa sia finalmente civile». Dunque, la lettura come ancora di salvezza per chi non ha avuto ancora il coraggio di denunciare il proprio aguzzino: «Molte donne – prosegue l’autrice - non hanno il coraggio di denunciare, dobbiamo dunque far sì che attraverso la scrittura e attraverso il racconto di persone che purtroppo non ce l’hanno fatta, trovino la forza di reagire e di dire basta. La dignità di ognuna di noi è fondamentale, va oltre tutto, anche un amore per quanto possa essere poi tossico. Chi ama, non uccide. Chi ama, non fa del male. Donne se avete accanto uomini del genere ribellatevi e imparate a volervi bene voi per prime». 

La consigliera regionale Bruna Fiola, originaria dello stesso quartiere di Nunzia, che conosceva, sottolinea l’importanza del ruolo delle istituzioni «in termini di prevenzione, specialmente per le giovani generazioni». «Per insegnare loro – prosegue - che la violenza non è amore e quindi tutto quello che è legato alla sfera dei sentimenti deve essere dignità, rispetto e valorizzazione della figura che hai accanto. Il messaggio che deve passare è che non è assolutamente normale ricevere uno schiaffo dal proprio compagno ma ricevere l’amore e tutte le attenzioni affinché anche la donna possa risplendere di luce propria». L’esponente dem allora ricorda l’impegno della Regione Campania che nella scorsa consiliatura, prima regione in Italia, «ha approvato una legge, la numero 34 del 2017, per le donne vittime di violenza con interventi a favore della formazione e dell’inclusione lavorativa e anche per gli orfani di femminicidio». «Perché – conclude - nel momento della tragedia ci sono tutti ma poi la tragedia vera rimangono i bimbi. A loro dobbiamo dare attenzioni maggiori affinché abbiano un futuro diverso». 

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La consigliera comunale Alessandra Clemente ha invece ricordato quanto siano fondamentali gli investimenti pubblici in termini sia educativi che di giustizia, per arginare la piaga della violenza contro le donne. «C’è un grande impegno di natura culturale e preventivo tra le giovani generazioni, per le giovani donne e uomini, affinché il significato di amore non sia mai il possesso e il codice di relazione della propria vita non sia mai la violenza. Poi la politica deve finanziare non soltanto spesa pubblica concreta per gli strumenti quali il lavoro e la difesa di queste donne, ma anche strumenti di giustizia. Infatti, non appena si denuncia un uomo per episodi di violenza è necessario venga coinvolto in percorsi di rieducazione». L’ex assessore ai giovani del Comune di Napoli, quindi, ricorda che «la violenza va interrotta nelle case e nelle famiglie». «Quel bambino o quella bambina che vedranno nella propria casa, violenza fisica ma anche verbale, quando cresceranno saranno delle donne adulte disponibili ad accettare violenza su loro stesse, oppure degli uomini adulti che eserciteranno la violenza nella propria vita. Tante volte invece si sceglie di non separarsi per amore dei figli e per paura delle ripercussioni economiche. Su questo lo Stato ci dev’essere: per questo proponiamo – conclude Clemente - la presenza di case alloggio per le vittime di violenza. E lavoro subito, perché laddove c’è lavoro c’è dignità, quindi libertà, nonché la forza per affrontare un percorso difficile in salita, necessario ma che poi rende quella donna veramente libera».

Secondo l’Osservatorio sul fenomeno della violenza sulle donne del Consiglio Regionale della Campania sono state 38 le donne vittime di femminicidio dall’inizio dell’anno in Italia. Una ogni 3,7 giorni. L’auspicio è che il ricordo di storie come quella di Nunzia serva a far scendere queste cifre, numeri asettici dietro cui si nascondono vicende di violenza inaudita, al fatidico numero zero. Affinché altri occhi vividi non vengano spenti per sempre.

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