Oculistica, a Napoli di notte
meglio non farsi male

Oculistica, a Napoli di notte meglio non farsi male
di Maria Pirro
Sabato 12 Gennaio 2019, 09:57
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La prima tappa è il Loreto mare, l'ospedale più vicino a casa. Ma non ha il pronto soccorso oculistico. «Qui i medici mi suggeriscono di raggiungere direttamente il Vecchio Pellegrini», racconta Francesca Tortora, 30 anni, occhi verdi, uno insanguinato. «Solo che alle otto di sera il servizio chiude, arrivo troppo tardi». E così alla ragazza viene detto di tornare l'indomani, per la terza volta in una struttura sanitaria, alla ricerca di cure urgenti. Non è l'unica costretta al ping-pong tra presidi con attività a scartamento ridotto, a causa della carenza di personale in organico e di scelte organizzative che evidentemente non considerano questi disagi. Può sembrare un paradosso, ma il capoluogo partenopeo, una città che conta quasi un milione di abitanti, il doppio se si considera anche l'hinterland, non può contare su una guardia specialistica attiva 24 ore su 24. Stessa situazione nell'intera regione.

IN OSPEDALE
Il punto di riferimento principale è il polo della Pignasecca, nel centro storico di Napoli, dove pazienti arrivano da tutte le province, oltre 300 nel weekend, 30mila le prestazioni garantite all'anno; eppure, nella notte, tutte le notti, il medico ai Pellegrini è reperibile: significa che interviene per le emergenze da codice rosso, ossia indifferibili. Per la scheggia o un trauma alla cornea (eccetto quelli chirurgici), a Francesca e agli altri non resta che aspettare le 8 del mattino. E poi, occorre fare la fila, come al supermercato, in base all'ordine di arrivo, perché non è in funzione il triage, il sistema previsto per indicare una priorità negli accessi. Salvatore de Pasquale, originario di Ponticelli, si mette in coda, ad esempio, dopo essere stato a Villa Betania; mentre Enrico Orlando ha il numero 83 ed è assieme a un amico che riferisce: «L'altra domenica l'incidente è capitato a me. Mi sono messo in lista, mi sono allontanato per pranzo e, rientrato, ho trovato ancora gente prima di me». I numeri, del resto, parlano chiaro: i professionisti al pronto soccorso sono sei, di cui uno in aspettativa, tutti inquadrati come specialisti ambulatoriali, più il primario Francesco Napolitano.

 

«Appena due gli infermieri, la situazione è inconcepibile», accusano in una lettera indirizzata al manager i componenti rsu della Asl Napoli 1 Centro, Antonio Eliseo, Raffaele Pavone, Luigi Brancaccio, Rosario Cerullo. Persino a Capodanno, quando si verificano i danni provocati da petardi, aggiungono i sindacalisti, non è stata prevista la guardia attiva, ricordando «che il contratto nazionale di lavoro definisce l'istituto della reperibilità come integrativo e non sostitutivo del turno di servizio». Non solo è complicato provvedere alle assunzioni. Lo è anche procedere alle sostituzioni, con altri precari. «Per i mesi di dicembre e gennaio, non si è riusciti a trovare nessuno, nonostante siano stati contattati 91 medici», scuote la testa Eliseo. Avverte Brancaccio: «Anche altre eccellenze, dalla chirurgia della mano alla cardiologia, sono in sofferenza». Tredici i ricoverati, l'altro giorno, nel reparto di oculistica. «Con dieci posti, e la metà delle stanze ha il bagno in camera. Insomma, il quarto piano finisce per popolarsi di barelle e bombole di ossigeno nei corridoi: diventa un lazzaretto».

LO SCENARIO
Per problemi alla retina e in mancanza di letti liberi, i malati vengono trasferiti pure a Caserta o Salerno e, più spesso, dirottati in ambulanza al Cardarelli. Lì dove lavorano cinque medici più il primario, Pasquale de Rosa, che spiega: «Da noi l'ultimo concorso risale agli anni Novanta, quattro i posti al momento disponibili sono ma ne sono previsti quindici nel nuovo piano ospedaliero, che va applicato in tempi brevi ma soprattutto nel modo migliore. Coinvolgendo i policlinici, come a Roma, nella rete dell'urgenza. Oggi questo non accade e nelle altre due strutture cittadine attrezzate, l'Ospedale del mare e il San Giovanni Bosco, si provvede esclusivamente alla chirurgia».
 
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