Cena con delitto sulla Domitiana:
invita l'amico e lo uccide a coltellate

Cena con delitto sulla Domitiana: invita l'amico e lo uccide a coltellate
di Mary Liguori
Lunedì 25 Maggio 2020, 08:30
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Il male, a volte, è talmente banale da insinuarsi in una cena tra vecchi amici, infilarsi tra loro attraverso un fiume di birra, insinuarsi, invadente e impalpabile, come fumo di hashish. E armare la mano di un incensurato e trasformarlo, in un istante, in un feroce assassino che, giusto un secondo dopo, rinsavisce e tenta di tornare in sé, quando ormai è tardi. Dev'essere andata così sabato sera.
Ulderico Piccolo, agente immobiliare, pochi minuti dopo aver sferrato una coltellata in petto al suo amico, Augusto Grillo, ha tentato disperatamente di salvarlo, scaricandolo davanti al Pronto soccorso della clinica Pineta Grande. Incensurato, estraneo a fatti di criminalità e assolutamente privo di una strategia criminale, ha accompagnato l'amico al Pronto soccorso con la sua auto ed è fuggito sotto le telecamere dell'ospedale che, pochi minuti dopo, hanno dato ai carabinieri il numero di targa che ha chiuso il caso. E lui, l'assassino per caso, una volta davanti al magistrato, non ha neanche provato a negare. Ha ammesso di avere ammazzato Augusto, trentasette anni, artigiano di Giugliano in Campania, dopo una lite durante una cena in casa sua, a Castel Volturno. Versione confermata da una terza persona, un amico che pure era presente ai fatti e che ha assistito, inerme, al tragico epilogo della serata.

Sabato sera. Augusto Grillo va a cena dall'amico al Parco Le Anfore, sulla Domitiana, zona Castel Volturno. I due non sono soli. È con loro un terzo uomo, di lì a poco impotente testimone della tragedia. In tarda serata, i tre vanno in un vicino bar e comprano diverse bottiglie di birra. Tante da far pensare al cassiere a un party con una decina di persone. Invece, tutto quell'alcol, lo consumano in tre. Sorso dopo sorso, si allentano i freni inibitori, la lingua si scioglie. Troppo. Augusto dice qualcosa che irrita Ulderico. L'altro risponde per le rime. O forse è il contrario. A ogni modo, litigano.

L'agente immobiliare afferra la prima cosa che si trova davanti agli occhi. Un coltellaccio da cucina. Impugna la lama e colpisce alla cieca. Centra in petto Augusto. Si rende conto di cosa sta succedendo quando vede il sangue uscire copioso dalla camicia dell'amico e imbrattare le mattonelle. Si risveglia come da una trance. E cerca di riparare. Se lo carica in spalla e lo adagia in macchina. Corre disperato in direzione di Pineta Grande. Lascia il corpo all'ingresso del Pronto soccorso e fugge. I medici soccorrono il ferito, ma è già tardi. Augusto Grillo muore. Il personale sanitario chiama il 112. I carabinieri visionano i filmati della clinica; la targa dell'auto si vede chiaramente. È intestata a un 43enne incensurato. Poco dopo, sono in casa di Piccolo. La scena del crimine è incontaminata, l'arma del delitto in bella vista. Il sangue sul pavimento e il coltello ancora sporco sul tavolo del patio inchiodano il 43enne. Non gli resta che confessare. All'alba è già in carcere, a Santa Maria Capua Vetere.

Torna tutto, tranne il movente. I protagonisti non sono uomini inclini alla violenza. Incensurati, un artigiano che abitava con la madre a Giugliano, la vittima, un agente immobiliare single che cercava di districarsi nella ragnatela da 35mila fili delle ville svalutate del Litorale, il carnefice. Estranei ad ambienti di criminalità, nessuno li ha mai visti litigare tra loro o con altri.

Eppure, in pochi attimi, uno dei due si è trasformato in assassino. Perché? L'alcol avrebbe fatto da innesco a una situazione degenerata di colpo, tanto da non dare tempo all'altro amico presente d'intervenire. Almeno è questo il resoconto dell'indagine lampo. Ma potrebbero esserci altre verità, tutte da scoprire. 

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