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Omicidio a Mergellina, il racconto del testimone: «L'assassino spinto da un uomo di una certa età e con i capelli brizzolati»

La ricostruzione del delitto davanti agli chalet di Mergellina

Il luogo del delitto
Il luogo del delitto
di Luigi Sabino
Articolo riservato agli abbonati
Sabato 25 Marzo 2023, 10:00 - Ultimo agg. : 17:10
4 Minuti di Lettura

«Ho visto questo ragazzo di fronte allo chalet di Sasà, alto di circa 175 centimetri, robusto, biondino con capelli tagliati corti ai lati il quale indossava una felpa verde con cappuccio. Lo stesso esplodeva credo 3 o 4 colpi di pistola. Mentre le persone presenti sul posto gridavano che si trattava dei colpi a salve, il mio amico Francesco, che era seduto dietro di me, mi ha chiamato dicendomi Carlo Carlo. Ho visto Francesco accasciarsi a terra, in un primo momento ho pensato ad un malore. Sono andato verso di lui, mentre alcune persone gridavamo il ragazzo è svenuto, ho visto gli occhi che si erano girati, mentre cercavo di alzarlo, ho visto che sul selciato c'era del sangue, a questo punto ho aperto il giubbino per controllare, ed ho visto che aveva un foro nel petto». È così che Carlo C., ha raccontato agli inquirenti gli ultimi istanti di vita del suo amico, Francesco Pio Maimone, ucciso da un colpo di pistola nel corso di una lite tra due paranze di giovanissimi. Un racconto tanto tragico quanto lucido che, insieme agli elementi raccolti dagli investigatori della Squadra Mobile di Napoli, ha permesso di catturare in breve tempo l'assassino, anche lui poco più di un ragazzo. Una storia atroce quella costata la vita a un diciannovenne la cui unica colpa è stata quella di voler trascorrere una serata sul lungomare di Napoli in compagnia dei suoi amici.

APPROFONDIMENTI
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A rendere tragica la vicenda, però, non è soltanto la morte di un ragazzino ma anche, e forse soprattutto, la scintilla che ha innescato il tutto, un paio di costose scarpe macchiate per errore. Un banale incidente che si sarebbe potuto risolvere con delle scuse, una stretta di mano e qualche drink offerto come risarcimento. Invece innesca una spirale di violenza come racconta un altro testimone, gestore dello chalet dove tutto è iniziato. È lui a ricostruire dinanzi agli inquirenti come tutto è iniziato. «Mentre ero intento a preparare delle bibite all'interno del chioschetto, nei pressi dei tavolini ubicati sul marciapiede proprio nei pressi della porta del chioschetto, ho sentito alcuni ragazzi che discutevano animatamente. Da questioni legate alle scarpe e all'abbigliamento sono passati al chi sei tu e chi sono io. Pertanto, visto che stavo lavorando e c'erano altri clienti li ho invitati a tranquillizzarsi e ad allontanarsi. Erano ragazzi che al massimo avrò visto un paio di volte e avevano sempre lo stesso atteggiamento alterato». Il suo invito cade nel vuoto perché quei ragazzi, descritti come sempre pronti a cercare guai, si fronteggiano. Il problema non sono più le scarpe macchiate ma l'orgoglio. Abbandonare la contesa equivale a perdere la faccia e questo sia Francesco Pio Valda con il suo gruppo sia i suoi rivali non sono disposti a farlo. Ed è a questo punto che il mondo esplode.

A innescare la detonazione, però, non un ragazzino ma un adulto, un uomo, descritto dai testimoni, «di una certa età e con i capelli brizzolati». Ci si sarebbe aspettato che intervenisse come paciere invece sferra il primo colpo, un calcio violento che raggiunge un amico di Valda. È la scintilla che appicca l'incendio. Valda, a mal partito, estrae la pistola, una micidiale calibro 38 e la punta al cielo esplodendo alcuni colpi. Neanche questo, però, ferma gli avversari che, anzi, quasi a volerlo deridere, lo accusano di «sparare a salve». Valda abbassa il braccio e punta l'arma ad altezza uomo. Spara contro un'auto in sosta mandando in frantumi un finestrino e, poi, ancora. È il caos e lui ne approfitta per scappare. Non si rende nemmeno conto che uno dei proiettili ha raggiunto Francesco Pio Maimone al petto ferendolo mortalmente. Verrà arrestato qualche ora più tardi mentre si nascondeva presso alcuni parenti nella periferia est di Napoli.

 

A Pianura, quartiere della vittima, la notizia è salutata con cortei di scooter e strombazzate di clacson. Però c'è anche chi, sui profili social, si schiera dalla parte dell'assassino. Gli promettono amore eterno e gli giurano che saranno ad aspettarlo quando tornerà libero. Una fedeltà che potrebbero, però, pagare a caro prezzo perché su di loro si sono concentrate le attenzioni degli investigatori ancora a caccia di chi ha accompagnato Valda al sicuro dopo la sparatoria e, soprattutto, della pistola che ha ucciso Francesco Pio. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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