Omicidio Della Corte, parla la figlia: «Chiediamo di assistere al processo»

Omicidio Della Corte, parla la figlia: «Chiediamo di assistere al processo»
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 15 Ottobre 2020, 10:30 - Ultimo agg. 15:41
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Questa mattina proverà ad essere in aula, nella speranza di poter assistere al processo agli assassini di suo padre. Questa mattina, proverà ad entrare in Tribunale, nel tentativo di guardare negli occhi chi ha ammazzato il padre senza un motivo, ma anche di potersi mostrare ai giudici che dovranno firmare la sentenza a carico dei tre assassini. Eccola Marta Della Corte, assieme al fratello Giuseppe, assieme alla madre, di fronte a una giustizia destinata ad alimentare non poche perplessità. A cominciare dalla procedura del processo minorile che impedisce ai parenti delle vittime di un omicidio di costituirsi parte civile, di svolgere un ruolo attivo nel corso di un processo, ma anche di essere semplicemente avvisati della fissazione di una nuova udienza. Spiega Marta Della Corte al Mattino: «Questa mattina torna in aula il processo a carico degli assassini di mio padre, l'agente di polizia privata Franco Della Corte, perché la Cassazione ha rimandato in Corte di appello a Napoli gli atti, per una rideterminazione della pena. A noi non è arrivata alcuna comunicazione, dal momento che la legge ci impedisce di costituirci parte civile o di presenziare al processo. Abbiamo saputo della nuova udienza grazie al nostro avvocato, il penalista Marco Epifania, ma avremmo anche potuto apprenderlo il giorno dopo dalla lettura dei giornali. Non lo ritengo giusto». Prossima a una laurea in Giurisprudenza, Marta Della Corte riflette sulla differenza tra la forma della procedura e la sostanza del dolore sofferto senza un genitore, ammazzato mentre faceva il proprio lavoro di metronotte».

 

Vicenda orrenda, che riporta l'attenzione a quanto avvenne il 3 marzo del 2018, all'esterno della stazione della metropolitana di Piscinola. Aggredito alle spalle. Per questa vicenda sono stati condannati a sedici anni e sei mesi Luigi C., Kevin A. e Ciro U. (diventati maggiorenni, sono difesi dagli avvocati Raffaele Chiummariello, Mario Covelli e Nicola Pomponio), in un processo che in due anni è approdato spedito dinanzi alla Cassazione. Pochi mesi fa, la sorpresa da parte dei giudici della Suprema corte, che non hanno chiuso il caso, ma hanno disposto un rinvio degli atti a Napoli, per un nuovo verdetto dopo aver ravvisato un difetto di motivazione relativamente all'aggravante della crudeltà. Per applicare questo aggravante - è il ragionamento della Cassazione - bisogna fornire un'adeguata motivazione, al punto tale che oggi i giudici napoletani hanno una doppia possibilità: confermare la condanna a 16 anni e sei mesi, con una trama argomentativa più adeguata; oppure rivedere la condanna, esprimendo un nuovo verdetto. Quella notte, Franco Della Corte venne ucciso alle spalle, a colpi di spranga e di bastoni da tre minori che volevano rubargli la pistola.

Trovarono la cornetteria chiusa - disse uno di loro - un po' per noia, un po' per rapinare la pistola, decisero di spaccare la testa a un uomo raggiunto di spalle. Aveva 51 anni, Franco Della Corte. Morì dopo un paio di settimane di coma.

Spiega ancora Marta Della Corte: «Da due anni combattiamo perché non si abbassi mai l'attenzione sul dramma che ci è toccato vivere, perché abbiamo paura dell'assuefazione. Purtroppo registriamo ancora episodi di violenza metropolitana, un motivo in più per chiedere attenzione su quanto accaduto a mio padre». Dello stesso avviso il fratello di Marta, Giuseppe Della Corte: «Abbiamo saputo per caso, grazie al nostro legale, che oggi c'è il processo sull'omicidio di mio padre. Non lo trovo giusto. Non possiamo accettare un'altra brutta sorpresa, non possiamo tollerare altri sconti di pena». Un commento che rimanda a quanto accaduto un anno fa, con la decisione da parte dell'autorità giudiziaria napoletana di assegnare a uno dei tre assassini il permesso di festeggiare il 18esimo compleanno all'esterno del carcere, in compagnia di fidanzata e parenti (con tanto di foto ricordo), oltre alla possibilità di sostenere dei provini per una squadra di calcio. Spiega il consigliere regionale Francesco Borrelli (Verdi): «Questa vicenda ha bisogno del massimo dell'attenzione, guai ad abbassare la guardia, specie di fronte alla deriva di violenza urbana che si sta abbattendo sulla nostra area metropolitana».

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