«Omicidio di Giancarlo Siani, pagate dal clan le famiglie dei killer»

«Omicidio di Giancarlo Siani, pagate dal clan le famiglie dei killer»
di Ferdinando Bocchetti
Martedì 2 Novembre 2021, 08:38 - Ultimo agg. 09:13
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Sono stati depositati nei giorni scorsi i primi verbali contenenti le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Simioli, meglio noto come «'o Petruocelo», per anni reggente del clan Polverino. Simioli, arrestato nel Lazio nella primavera di quattro anni fa e pentitosi alla fine dello scorso anno, ha riferito su numerosi imputati nel processo che si celebra da qualche settimana (rito ordinario) a Napoli nord. Un processo che vede coinvolti affiliati di primo piano e gregari dei clan Polverino e Nuvoletta. Il collaboratore di giustizia ha confermato che le famiglie dei killer di Giancarlo Siani, Ciro Cappuccio e Armando Del Core, entrambi condannati all'ergastolo, «erano sostenute dal clan Polverino.

 

Non ho mai avuto alcun tipo di rapporto criminale con Ciro Cappuccio che per quanto ne so, faceva parte del gruppo dì fuoco del clan Nuvoletta - ha raccontato in videoconferenza Simioli - All'epoca io ero molto giovane ed ero appena entrato a far parte del clan Polverino. Sicuramente, nel corso degli anni, Cappuccio è stato economicamente sostenuto dal clan Nuvoletta.

Quando sono stato scarcerato nel 2007, ho saputo che anche noi del clan Polverino, che già da molti anni avevamo preso il controllo di Marano, abbiamo mantenuto esponenti della fazione dei Nuvoletta, tra cui la famiglia di Cappuccio, destinataria di uno stipendio mensile».

Analoghe parole sono state riferite ai magistrati anche in relazione alla figura di Del Core: «Al pari di Cappuccio, Del Core era un componente del gruppo di fuoco del clan Nuvoletta. Anche a lui - ha confermato Simioli - sono state destinate, nel corso degli anni, somme di denaro per il suo sostentamento economico». Il pentito, su richiesta del pm della Dda di Napoli Giuseppe Visone, si è espresso anche nei confronti dei figli di Del Core e Cappuccio, anche loro rinviati a giudizio (a piede libero) nel medesimo procedimento. «Ho visto spesso in giro per Marano il figlio di Cappuccio, ma con lui non ho mai avuto alcun tipo di rapporto. Non conosco le eventuali sue attività criminali, posso solo dire che è probabile che i soldi destinati al mantenimento del padre venissero consegnati a lui o al fratello». Il capitolo Nuvoletta si è concluso con un'ulteriore dichiarazione: «Come clan Polverino - ha argomentato il collaboratore di giustizia - ai Nuvoletta davamo dai 30 mila ai 50 mila euro all'anno in tre tranches».

Parole importanti, che avranno probabilmente un peso nel processo, sono state utilizzate anche per Michele Marchesano (detenuto) e Vincenzo Polverino (imputato a piede libero), rispettivamente cognato e figlio del super boss Giuseppe Polverino, meglio noto come o Barone: «Nel corso della mia latitanza ho incontrato almeno in un paio di occasioni Michele Marchesano. Era accompagnato dal genero, Luigi Esposto (imputato). Marchesano era solito andare a trovare il cugino Giuseppe Ruggiero (detenuto). In tali occasioni - ha aggiunto Simioli - ero presente anche io: ci siamo visti qualche volta ai Camaldoli e qualche altra volta nel Casertano, mi pare nella zona di Santa Maria Capua Vetere. L'oggetto delle visite di Marchesano era sempre riconducibile alle problematiche verificatesi sul territorio, in relazione alle quali era richiesto il nostro intervento. Marchesano era solito spendere il nome del cognato Giuseppe Polverino per acquisire attività economiche sul territorio o esigere il pagamento di somme lecite a lui spettanti».

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Infine il passaggio su Vincenzo Polverino e su un investimento (un centro di scommesse sportive) fatto da diversi affiliati nella zona dei Camaldoli, feudo dei Polverino. «Non sono in grado di riferirle particolari sulla gestione della società avviata in zona Camaldoli, nei pressi del ristorante La Collina. Le posso però dire che in relazione a tale attività, successivamente, negli stessi locali è stato avviato un centro scommesse. Me ne ha parlato Giuseppe Ruggiero, che mi chiese consigli, poiché tale attività era stata avviata dai suoi figli, Raffaele e Salvatore. Mi pare che in tale investimento doveva essere coinvolto anche Vincenzo Polverino, ma non ne ho certezza».
 

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