Omicidio Materazzo, colpo di scena: «Riaprire il processo, Luca è paranoico»

Omicidio Materazzo, colpo di scena: «Riaprire il processo, Luca è paranoico»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 18 Gennaio 2021, 10:30 - Ultimo agg. 12:00
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Condizioni psichiche gravemente compromesse. Uno stato di turbamento che si evince dalla sua rinuncia all'appello, ma anche - andando a scavare a ritroso - alla scelta di cambiare ben venti avvocati in pochi mesi. Per non parlare poi di quella lettera spedita ai giudici in cui, sempre lui, ha ammesso di aver rinunciato a sostenere un processo di secondo grado, perché minacciato dentro e fuori le celle del carcere di Poggioreale. Sono questi i motivi che hanno spinto, i legali di Luca Materazzo, a chiedere un incidente di esecuzione ai giudici di corte di assise del Tribunale di Napoli. Un caso che sembrava chiuso, destinato agli archivi, se non addirittura all'oblio. Ma che potrebbe riaprirsi sull'onda d'urto di una istanza che il collegio difensivo ha inoltrato ai giudici della prima corte di assise, sulla scorta di una perizia psichiatrica che ha valutato le condizioni di tenuta mentale dello stesso Luca Materazzo. 

Una istanza all'insegna di un concetto di giurisdizione etica, al di là del timbro con cui si chiude un caso giudiziario alla fine di un processo.

Proviamo a fare chiarezza. Come è noto, il professionista napoletano è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio del fratello, l'ingegnere Vittorio Materazzo, trafitto da oltre 40 coltellate a novembre del 2016, sotto casa, in via Margherita di Savoia. Un fratricidio, legato a una sorta di giallo. In sintesi, Luca Materazzo ha rinunciato all'appello, rendendo così definitiva la condanna al carcere a vita che era stata disposta in primo grado. Una mossa a sorpresa, visto anche il piglio con cui l'imputato aveva cercato di difendersi dalle accuse in primo grado. Ma non si è trattata dell'unica stranezza, in questa storia. Pochi giorni dopo il rifiuto dell'appello, Luca Materazzo fa una seconda mossa. Spedisce una lettera al presidente della corte di assise appello, nella quale ipotizza una sorta di complotto minaccioso volto a impedirgli di difendersi a fargli accettare l'ergastolo senza troppo clamore: sarebbe stato avvinato da «personale del carcere di Poggioreale, che gli paventava minacce esplicite provenienti da persone esterne alla struttura, bensì a quanto sarebbe potuto accadere in caso di eventuale scarcerazione». Minacce di morte che lo avrebbero indotto ad abbandonare la speranza di salvarsi dinanzi ai giudici. Ed è su queste circostanze che viene avanzato un incidente di esecuzione, che punta ad ottenere una perizia psichiatrica per un uomo condannato definitivamente all'ergastolo. Dieci pagine firmate dagli avvocati Luca Bancale, Fabio Carbonelli e Alfonso Furgiuele, con cui si chiede ai giudici di fare un ragionamento, a partire da una domanda: è possibile condannare una persona all'ergastolo senza porsi fino in fondo la domanda sulla sua capacità di intendere e volere? Agli atti, il lavoro di un medico - si chiama Luca Bartoli - che ha avuto la possibilità di incontrare il detenuto, di scambiare colloqui con l'uomo condannato per fratricidio, di provare a fare chiarezza sulle sue condizioni psichilogiche. Ne è emerso il quadro di una persona disturbata, incapace di autodeterminazione, scrive. E nella istanza difensiva si legge: «Il titolo esecutivo (la condanna all'ergastolo) è da considerarsi irregolare, sotto il profilo formale e sostanziale, perché si è formato in conseguenza di un atto palesemente viziato, essendo stato assunto da persona che, per lo meno in quel preciso momento, era processualmente incapace». 

Una personalità psicotica fanatica, «segnata da disturbo paranoide della personalità», secondo lo specialista, che sottolinea la ossessione paranoica di essere vittima di un complotto ordito da non meglio precisati autori. Ora tocca ai giudici della prima corte di assise esprimersi sull'istanza dei difensori, per valutare l'opportunità di riaprire il caso. Assistiti dai penalisti napoletani Arturo e Errico Frojo, la vedova e i figli dell'ingegnere ucciso si sono costituiti parte civile, fornendo con la propria testimonianza un contributo decisivo per la definizione della sentenza di primo grado.

Al netto delle decisioni che verranno prese rispetto alla richiesta di incidente di esecuzione, l'unico appuntamento in aula è quello del 16 marzo prossimo, dinanzi alla corte di assise appello, per le sole statuizioni civili dell'appello di parte civile.

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