Napoli, delitto rione Villa: un furto di scooter pretesto per l'attacco al clan nemico

Il rione Villa (foto Alessandro Garofalo)
Il rione Villa (foto Alessandro Garofalo)
di Leandro Del Gaudio
Martedì 9 Aprile 2019, 23:01 - Ultimo agg. 10 Aprile, 15:26
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Notte insonne, per i due killer. Sono rimasti svegli, ma diciamo pure «schizzati» o «appicciati» fino alle prime ore del mattino, in attesa del momento giusto. Hanno aspettato la soffiata in un appartamento di edilizia popolare, quando le piazze di droga sono chiuse e le sentinelle del clan Rinaldi hanno il mirino abbassato. Poi eccoli in sella allo scooter, sono le 8.45 del mattino, scuole aperte, via vai di gente. Hanno seguito il target, l’obiettivo designato, da punire perché aveva osato mettersi di traverso in una vicenda di poco conto, usata come pretesto per l’attacco nel fortino nemico.
 
Ma torniamo ai killer: sono del clan D’Amico, famiglia rimasta fedele ai Mazzarella, nell’interminabile guerra contro i Rinaldi, quelli che si fanno tatuare il numero «46» sulle braccia, in segno di onore al numero civico del rione Villa, casa del boss Ciro «mauè», arrestato lo scorso febbraio. 

Sparano e ammazzano Luigi Mignano, il 57enne parente proprio di Ciro Rinaldi, in una scena di normalità e quiete, di ordinaria vita cittadina con un nonno che accompagna il figlio, che tiene per mano il nipotino di soli 3 anni e mezzo da portare all’asilo. Probabile che avessero pianificato la trappola da giorni, da quando un pretesto - un litigio per il furto di uno scooter - ha fatto da detonatore all’ennesimo episodio di guerra metropolitana. Incubo faida, si temono vendette. 

Ma chi c’è dietro l’agguato consumato ieri al rione Villa? A leggere bene le indagini di questi mesi, al di là dello zainetto rosso con lo stemma di «spider man» abbandonato ieri dal piccolo di fronte a un nonno ucciso e al padre ferito, c’è una guerra strisciante in corso. Una guerra che ha fatto da cornice ad agguati e regolamenti incrociati, ma anche alla bomba e agli spari all’esterno di pizzerie antiche, lì nella zona dei Decumani.

Due cartelli in campo, due blocchi di potere criminale, con le immancabili alleanze e ramificazioni: i Mazzarella (di cui i D’Amico sono una costola) da un lato; i Rinaldi (che alle spalle hanno il blocco dell’Alleanza di Secondigliano) sull’altro versante. È lo stesso scenario di venti anni fa, qui nel tempo immobile di una città costretta a fare i conti con i cognomi di sempre, con le dinasty criminali giunte alla terza generazione.

Venti di faida a Napoli est, a pochi passi dall’insediamento universitario, dagli investimenti di colossi dell’informatica e delle comunicazioni nei locali dell’ex Cirio e in attesa di un rilancio auspicato da anni per il porticciolo di Vigliena. Mazzarella contro Rinaldi, dunque, esattamente come era accaduto a gennaio nella zona dei Decumani, per il controllo del racket alle pizzerie storiche. Effetto domino, che abbraccia anche i comuni dell’hinterland vesuviano, come apparso evidente con l’arresto di Michele Minichini, 28enne fedelissimo di Ciro Rinaldi. Ricordate la storia? Era quello con la nuca interamente tatuata dalle fauci di una tigre, coinvolto nelle indagini sull’omicidio De Bernardo consumato a Mariglianella, come pegno per l’omicidio di Emanuele Sibillo consumato tre anni prima nel centro cittadino. Un caos solo apparente, perché c’è un ordine dietro tutto ciò o quanto meno una logica. Dietro moventi apparentemente futili, c’è in ballo la conquista dell’intera area metropolitana, con il radicamento di cartelli criminali di antico lignaggio. 

Ed è in questo scenario che si stanno concentrando le indagini su quella che da sempre viene indicata come Alleanza di Secondigliano? Ricordate le faide di fine anni Novanta? Tempo immobile, città che fa i conti con se stessa da sempre: i clan Mallardo, Contini e Licciardi, da sempre alleati, sono alle spalle dei Rinaldi, fanno pressione sul Vasto, su una parte del centro storico. Resistono quelli del clan Mazzarella, ramificati lungo la fascia costiera, dal rione Mercato a Napoli est, da Forcella fino ai comuni dell’area vesuviana. Sono ex contrabbandieri, i Mazzarella, e possono contare sull’alleanza di decine di famiglie, grazie ad accordi commerciali. Piazze di spaccio, ma anche monopolio dei falsi, contrabbando di ogni genere di mercanzia.

Ci sono i Mazzarella dietro i viaggi all’estero, quelli che conducono alcuni ex contrabbandieri a trafficare generatori di corrente elettrica finto cinesi, specie nelle zone dove c’è bisogno di energia a basso costo per scavare tanto e di notte. Zone di miniere, ma anche di narcotrafficanti, in un collegamento globale con pezzi di economia criminali sparsi nel mondo.

Dal Sudamerica al centro cittadino di Napoli, scenario da brividi che costringe ad ampliare lo sguardo su patrimoni e investimenti mafiosi: come il fitto di immobili a prezzi altissimi che drogano il mercato a Napoli, come la nascita di imprese (spesso legate al food) che servono solo a riciclare. C’è anche questo a fare da cornice di un regolamento di conti, o di spari contro la saracinesca di una pizzeria o a fare ad sfondo all’agguato in prima mattina a due passi da una scuola. C’è anche questo dietro il raid di due killer «appicciati» (nel senso di schizzati) che uccidono a pochi passi da un bambino di tre anni e mezzo, desideroso ieri mattina solo di mostrare il proprio zainetto alla maestra e ai compagni di banco. 

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