Napoli, investito e ucciso per vendetta a Secondigliano: sentenza ribaltata, non fu omicidio volontario

Napoli, investito e ucciso per vendetta a Secondigliano: sentenza ribaltata, non fu omicidio volontario
di Giuseppe Crimaldi
Sabato 26 Ottobre 2019, 21:18
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La Corte di Assise di appello di Napoli ribalta la sentenza di primo grado sull'omicidio di Fabio Giannone. La vicenda risale all'aprile del 2016, quando dopo un incidente stradale nel quale perse la vita il giovane 21enne di Secondigliano. Le indagini poco dopo imboccarono però una pista ben precisa: la Squadra mobile, con il coordinamento della Procura, ipotizzò che dietro quell' incidente potesse celarsi una vendetta premeditata da parte di chi, a bordo di una Citroen, centrò in pieno la vittima: su quell'auto viaggiavano Vincenzo De Luca e altri due suoi amici.

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Gli inquirenti erano convinti si trattasse dunque di omicidio premeditato, commesso dal De Luca Vincenzo con l’aiuto di Paolo Pasquale e Simone Scaglione, i quali avrebebro - sempre secondo l'accusa - cercato di mascherare l’omicidio con un sinistro stradale”. La causale veniva ricercata nei rapporti pregressi tra De Luca e GIannone: i rapporti tra i due, i quali erano inizialmente amici, si erano deteriorati dopo che il De Luca avrebbe danneggiato con dei petardi la vetrina di un negozio commerciale di proprietà di un parente dell'amico Fabio. Per questo Giannone, insieme con i fratelli, aveva organizzato una spedizione punitiva nei confronti di De Luca, culimato in un violentissimo pestaggio a sangue che gli provocò anche la perdita di funzionalità
naturale di una gamba.

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La tesi della Procura di Napoli è stata sempre quella del mascherato sinistro stradale commesso al fine di vendicarsi, fin con l’omicidio, di un pestaggio che De Luca aveva ricevuto da Giannone  nel 2015. E così dalle telecamere acquisite nella zona dell'incidente mortale la Procura sostenne che De Luca dopo il tragico impatto avesse fermato la marcia per poi riprenderla al fine di passargli sopra più volte, finendolo a morte; De Luca conduceva l’auto, Scaglione stava seduto sul lato passeggero e Paolo li avrebbe seguiti con altra auto per poi recuperarli dopo l’impatto. In primo grado i tre imputati sono stati condannati dal GUP di Napoli con sentenza del 29/09/2017 alla pena di 30 anni di reclusione.

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In appello gli imputati hanno avuto una sensibile riduzione di pena e sono stati condannati: De Luca
(assistito dall'avvocato Marco Argirò) a 19 anni e otto mesi; Paolo (avvocato Edoardo Cardillo) a 17 anni e Scaglione (avvocato Riccardo Cafaro)  a 14 anni. Sono state depositate le motivazioni della quarta sezione della corte d’assise di appello di napoli la quale ha accolto in pieno le tesi della difesa del De Luca Vincenzo rappresentata dall’avvocato Marco Argirò. I giudici hanno stabilito che non fu omicidio volontario ma preterintenzionale. Pertanto quella notte non vi fu alcuna volontà omicidiaria ma semplicemente si verificò una lite tra la vittima e De Luca: i due si incontrarono per strada, si sfidarono e De Luca urtò il ciclomotore sul quale viaggiava Giannone Fabio solo per provocargli lesioni, ma la morte conseguente fu un evento non voluto e mai organizzato dal De Luca e dai suoi amici.

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