Omicron in Campania, intervista a Enrico Coscioni: «Variante più contagiosa, bisogna blindare i fragili»

Omicron in Campania, intervista a Enrico Coscioni: «Variante più contagiosa, bisogna blindare i fragili»
di Ettore Mautone
Lunedì 4 Luglio 2022, 11:03 - Ultimo agg. 5 Luglio, 09:55
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La risposta al nuovo scenario pandemico è condensata in un piano articolato in tre fasi (A, B e C) a complessità crescente che dovrà accompagnare la curva epidemiologica, ma con alcune sostanziali differenze organizzative e operative motivate dalle diverse caratteristiche cliniche assunte della patologia da Covid-19 oggi. Così Enrico Coscioni, presidente di Agenas e consigliere per i temi sanitari del governatore della Campania Vincenzo De Luca. 

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La curva dei casi è impressionante, come si fronteggiano migliaia di contagi?
«Oggi l'infezione si presenta con caratteristiche profondamente diverse rispetto alle prime ondate.

La stragrande maggioranza dei pazienti, grazie ai vaccini e a una variante meno cattiva ma più contagiosa, è quasi sempre asintomatica».

Perché le ospedalizzazioni crescono allora?
«Quasi sempre - tranne alcuni casi di fragili, anziani, immunodepressi e non vaccinati - sono asintomatici. La malattia ha assunto i connotati di una virosi stagionale. Se sintomatica si presenta con febbre alta, mal di gola, spossatezza, vomito e diarrea, quasi mai con interessamento respiratorio o polmonite. L'iter di cura è più lungo e complesso».

E i decessi?
«Rischiano i malati che hanno il diabete, i dializzati, i trapiantati, pazienti già critici come gli infartuati o ictati, i politraumatizzati, gli anziani con altre patologie in cui il Covid complica il quadro e provoca una mortalità più alta».

E quindi come si organizzano le cure in ospedale con questo scenario?
«Abbiamo disposto un aumento del 10-15 per cento della disponibilità dei posti nei Covid-Hospital già attivi in tutte le province e contemporaneamente definito un piano, in via di approvazione definitiva, con tre scenari a intensità crescente».

Cosa prevede questo piano?
«Un'organizzazione diversa: quando possibile saranno individuate stanze singole e in isolamento nei reparti specialistici. Ciò consente anche di gestire meglio il personale che ha diritto alle ferie e che in alta percentuale sono in questo momento a casa per l'infezione. Se la situazione dovesse peggiorare ospedali a padiglioni come Cardarelli e Policlinici potranno optare per conversioni. Speriamo di non doverlo fare, siamo in piena ripresa per azzerare le liste d'attesa».

Ci sono altre novità nel piano?
«Nelle aree specialistiche di tutti i grandi ospedali dotati di pronto soccorso, in Ginecologia e Pediatria, sono previsti 5 posti Covid. Inutile spostarli al Santobono o al Policlinico che hanno funzionato da centri di riferimento. C'è poi lo sforzo notevole che la Regione ha fatto con fondi propri per prolungare i contratti delle Usca fino a dicembre e assicurare le cure a casa. Le cure territoriali sono un caposaldo del Pnrr di cui parleremo a Napoli il 7 e 8 luglio nel Laboratorio Sanità a cui partecipano delegazioni di tutte le regioni».

Cos'è questo laboratorio?
«Come Agenas abbiamo promosso a Napoli, a Città della Scienza, il 7 e 8 luglio, un confronto a tutto campo con tutte le regioni sul Pnrr e sulla riforma dell'assistenza territoriale, sulla telemedicina, la tele assistenza, i nuovi percorsi clinici assistenziali. Un confronto con le migliori esperienze nazionali. La telemedicina, ad esempio, godrà di una piattaforma nazionale e una regionale con cui finalmente prendere in carico le cronicità (broncopatie, diabete, malattie autoimmuni, cardiopatie) in un sistema digitalizzato grazie al fascicolo sanitario elettronico. Non poteva funzionare col singolo medico».

Centrali operative territoriali, Case e Ospedali di comunità: da chi stanno gestiti?
«Saranno dotati di una diagnostica strumentale di base dove sarà possibile definire in mezz'ora la diagnosi e la terapia per un'immediata presa in carico prima che il paziente finisca in un pronto soccorso. Saranno inoltre potenziate le cure domiciliari. Un modo per intercettare almeno il 50 per cento dei codici bianchi e verdi che oggi vanno in pronto soccorso».

Il personale però è un nervo scoperto.
«De Luca è stato il primo a porre la questione sui tavoli nazionali. Ora però c'è un documento firmato da tutti. La mia proposta è individuare una nuova classe di medici, psicologi, infermieri e tecnici di comunità nativi digitali in grado di affiancare i medici di base in cure, screening, vaccinazioni, piani di salute». 

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