Villa Livia, opere d'arte restituite. Ecco gli altri 30 tesori trafugati a Napoli e super-ricercati

Le opere d'arte
Le opere d'arte
di Maria Pirro
Mercoledì 7 Luglio 2021, 17:15 - Ultimo agg. 8 Luglio, 08:35
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Sculture del XVIII e del XIX secolo, cornici settecentesche. Un capitello romano e 300 calchi di gesso e gomma impiegati per la produzione di monete. Eccole, le opere d'arte sottratte a Villa Livia e messe in vendita dalla custode con la complicità e l’aiuto dei figli minorenni: un'inchiesta dei carabinieri, coordinata dal procuratore capo Giovanni Melillo, ne ha consentito il recupero. Oggi la cerimonia di restituzione organizzata al museo Filangieri, con il direttore Paolo Jorio che rimarca: «La dimora storica versa in preoccupanti condizioni, i locali sono interdetti al pubblico e ai manutentori. E questo perché proprio lì, all'interno, la responsabile dei furti - nel luglio 2020 condannata in primo grado a tre anni e otto mesi di reclusione - sta scontando gli arresti domiciliari. Una situazione paradossale». 

Fin qui i risultati e i risvolti dell'ultima operazione giudiziaria. Ma su tanti altri tesori rubati a Napoli e in Campania continuano a indagare i carabinieri del nucleo Tutela Patrimonio Culturale: il loro comandante, Giampaolo Brasili, ha già mostrato in esclusiva al Mattino 30 opere «supericercate», per valore e devozione. Tra queste, c'è una statua rubata 55 anni fa, che ritrae l'imperatore Commodo e risale al II secolo dopo Cristo, sparita dall'Anfiteatro campano, a Santa Maria Capua Vetere, e mai più ritrovata. Come gli «angeli seduti» scolpiti nel marmo da Giuseppe Sammartino, l'autore del Cristo Velato: trafugati ad aprile 1993 nella chiesa di Santa Teresa degli Scalzi a Napoli. Ed è fantasma anche il «Ninno», il bambinello tanto invocato dalle donne che si siedono sulla sedia della fertilità nella casa-santuario ai Quartieri Spagnoli. 

«Ogni oggetto scomparso racconta una storia, che aiuta a capire l'importanza di proteggere e valorizzare un patrimonio straordinario», dice il maggiore Brasili, mentre indica le foto di affreschi, dipinti, stucchi, anfore, busti. Se ne contano 1.286.000 inseriti nella banca dati nazionale consultata dai militari: gran parte del lavoro oggi consiste nel verificare i siti specializzati, di annunci e le aste online, nel tentativo di trovare immagini simili, se non uguali.

E può bastare un dettaglio, anche anomalo, per far scattare accertamenti e blitz. «I dipinti spesso vengono tagliati o modificati prima di essere venduti sul mercato clandestino», spiega Brasili, che per anni (tanti anni) si è occupato di dare la caccia ai boss, e nel suo ufficio ha esposto i ritagli dei giornali sugli arresti eccellenti e, dietro il pc, il ritratto in bianco e nero di Falcone e Borsellino. Così le tecniche investigative, applicate nella lotta alla criminalità organizzata, tornano utili per stanare i ricettatori che fanno affari con professionisti e insospettabili, come dimostrano recenti sequestri. Uno nell'appartamento di un medico. «Ma anche i camorristi sono tra gli acquirenti: è un modo per accreditarsi, ostentare il potere», aggiunge l'ufficiale.

 

Tra le tele selezionate, ce ne sono anche due Francesco Solimena, pittore raffinato con quotazioni stellari. Si tratta della «Ascensione al cielo della Madonna», portata via a giugno 1978 nella chiesa della Annunziatella; mentre «Educazione della Vergine» è stato prelevato solo cinque mesi dopo, nel novembre 1978, a Portici. E, nella stessa chiesa dell'hinterland partenopeo, manca pure il dipinto che raffigura la Via crucis di Gesù, la «Salita al calvario» del pittore seicentesco Orazio Borgianni. E, accanto alla galleria d'arte, sotto la scritta «Most wonted», ci sono i reperti dei siti archeologici. L'anfora con le figure nere del pittore di Antimenes, portata via nel maggio 1973 dal museo di Capua. E le tante opere degli scavi di Pompei: un toro in bronzo, ad esempio. Gli affreschi staccati nella Casa di Obellio Firmo, nel novembre 1982. E una preziosissima maschera in marmo che non si trova più, ormai da ottobre 1976, nella Casa degli Amorini Dorati. E i pannelli in stucco policromi, del 62 e 79 dopo Cristo, motivo di un saccheggio clamoroso messo a segno a gennaio 1977, oggi impossibile, perché la vigilanza funziona. Ricercato, dunque, è il «Ninno», il bambino Gesù rubato ad aprile 2003 nella chiesa di Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe. Nell'elenco, poi spunta una corona in marmo barocca sottratta nel novembre 2011 nel Real sito borbonico di Carditello. E compaiono diverse reliquie di santi, anche del Seicento.

«Ma non è detto che ogni pezzo sia nelle mani di collezionisti», afferma Brasili, a proposito di un'inchiesta che ha consentito di restituire il tesoro, nel settembre 2017, asportato dalla cattedrale di Santa Maria degli Angeli Acerno. «Tutto è stato ritrovato, tranne il busto di San Donato, in argento sbalzato, dal peso di oltre 50 chili, che potrebbe essere stato sciolto per rivendere il metallo». Infine, il monastero Montevergine resta senza il «Braccio» di San Luca, del XVI secolo e in rame dorato, portato via ad aprile 2004. Ma, da luglio 2018, il santuario accoglie, raccolti in una speciale esposizione, altri 130 oggetti d'arte dimenticata. Così definiti, sintetizza Brasili, perché che non si sa dove da dove provengono. «Oggi sono, in realtà, 129», si corregge il comandante, perché un candelabro è stato riconosciuto e riconsegnato a un sacerdote. «Tra i visitatori della mostra».

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