Ospedale Cardarelli di Napoli, concorso flop: «Medici in fuga dal caos»

Ospedale Cardarelli di Napoli, concorso flop: «Medici in fuga dal caos»
di Ettore Mautone
Martedì 10 Maggio 2022, 08:00 - Ultimo agg. 11:27
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Cardarelli, crisi del pronto soccorso, concorso flop: per i rinforzi bisognerà attendere. Ieri, alla scadenza dei 7 giorni di un avviso urgente per reclutare 6 nuovi specialisti da impiegare in prima linea (per sei mesi) è risultata una sola candidatura priva di specializzazione o di titolo equipollente e dunque non ammissibile. Bisognerà pertanto attendere i tempi lunghi (almeno 4 o 5 mesi) del concorso a tempo indeterminato fatto scattare in parallelo dall'ospedale. L'avviso pubblico era stato emanato una settimana fa, alla vigilia del venerdì nero, quando in pronto soccorso furono registrati oltre 200 accessi con 172 pazienti stipati nell'area del triage. Situazione diventata esplosiva e assurta alla ribalta delle cronache quando sono scattate le dimissioni in massa presentate da tutti i 25 giovani medici in forze alla prima linea dell'ospedale. I turni di lavoro dei camici bianchi sono coperti soltanto grazie ad ordini diramati dalla direzione sanitaria. Il serbatoio a cui si attinge è quello degli specialisti di discipline equipollenti in carico ai reparti delle retrovie. L'unico modo per tamponare la falla di un organico che, dopo due anni di pandemia e tra fughe, rinunce e richieste di trasferimenti, è ormai ridotto all'osso. Solo così si arriva, da 25 medici, a una dotazione di 43 camici bianchi. 

La trincea del più grande ospedale del Mezzogiorno per ora deve rinunciare a forze fresche.

Una misura della scarsa attrattività di un presidio in cui, un tempo, qualunque giovane medico avrebbe sognato di lavorare. Il primo allarme suonato dai sindacati della dirigenza medica risale all'ottobre dello scorso anno all'atto del primo episodio di chiusura del pronto soccorso, quando si parlò, appunto, di un «sovraffollamento fuori da ogni regola». Medici, infermieri e operatori socio sanitari già allora costretti a lavorare su più fronti, trattando pazienti non più di competenza del Pronto soccorso ma di reparti la cui ricettività risultava paralizzata. Un primo atto di resa del pronto soccorso con medici aggrappati alla speranza di essere trasferiti e il dito puntato su protocolli operativi e organizzativi insufficienti. Circostanze a cui seguirono puntuali disposizioni dell'unità di crisi regionale che 6 mesi fa chiedeva al Pascale e ai Policlinici di garantire accessi diretti di pazienti cronici in carico ai loro reparti. Disposizioni mai attuate pienamente. 

Negli ultimi giorni, dopo lo svuotamento di uno dei due padiglioni Covid (la Ortopedia) e il trasferimento al Cotugno, al policlinico Federico II, al san Giovanni Bosco e al Loreto di malati stabilizzati (Covid e non Covid) la situazione sta finalmente migliorando. Dopo il grande affollamento dei giorni passati grazie alla rete di collaborazione per i ricoveri, ieri c'erano 80 persone in osservazione. «La drammatica condizione denunciata dai colleghi - avverte Eugenio Gragnano, delegato Anaao del Cardarelli - rimanda a un quadro regionale in cui si sente l'assenza di un assessore alla Sanità. Anche il mancato rafforzamento dell'area d'emergenza di tutti gli ospedali cittadini è frutto di un ritardo di programmazione ma su tutto pesa l'assenza di una rete territoriale adeguata. Si attende a questo riguardo la partenza del piano finanziato con i fondi del Pnrr per l'apertura di case e ospedali di comunità ma bisognerà attendere almeno un anno».

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Il manager del Cardarelli Giuseppe Longo, impegnato ieri in una lunga riunione con i sindacati degli infermieri per la definizione di questioni contrattuali, sottolinea la difficoltà su scala nazionale dei grandi pronti soccorso: «In questo momento sui principali siti - spiega - si parla del Gemelli di Roma completamente paralizzato con 334 malati parcheggiati in barella. I problemi del post Covid colpiscono tutti. Ovunque i concorsi in quest'area vanno deserti. In tre anni ne ho espletato almeno una decina riuscendo a reclutare non più di 10 specialisti. Il medico unico di pronto soccorso va ripensato serve la multidisciplinarietà. Aspettiamo anche i nuovi specialisti dalle Università. Il policlinico Federico II ci sta dando una grossa mano. Il piano di potenziamento del pronto soccorso che prevede anche il dirottamento agli ambulatori dei codici a bassa urgenza è stato intralciato dal Covid, scontiamo il rimbalzo di tante patologie trascurate durante la pandemia. Con i fondi del Pnrr abbiamo preso anche 10 ambulanze per potenziare i trasporti secondari interni ed esterni. Ora serve la rete del territorio. I medici sono esausti e in burn-out li capisco ma bisogna stringere i denti e superare questo snodo». Intanto anche la Asl Napoli 1 è in difficoltà nel ripopolare le corsie. Dal 2018 solo 14 nuovi medici sono entrati in servizio nel settore dell'urgenza su centinaia di richieste e vari concorsi. Sono ora in corso le verifiche sugli ultimi 2 di un avviso scaduto il 4 maggio e altri 5 che hanno risposto per il 118. 

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