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Ospedale Cardarelli di Napoli, petizione online: «Non chiudete il reparto di terapia del dolore»

di Ettore Mautone
Articolo riservato agli abbonati
Venerdì 28 Ottobre 2022, 07:00 - Ultimo agg. : 29 Ottobre, 09:52
3 Minuti di Lettura

Scongiurare la chiusura del reparto di terapia del dolore del Cardarelli: sono circa 40 mila i cittadini campani, soprattutto napoletani, che hanno finora firmato la petizione on-line lanciata nelle settimane scorse sulla piattaforma change.org dalla consigliera comunale di Forza Italia Iris Savastano. Nel giro di pochi giorni, entro questo mese di ottobre, il reparto storicamente presente al Cardarelli per le cure palliative è destinato infatti a chiudere i battenti. «In base alla legge 38 del 2010 le cure palliative devono essere effettuate in ambienti non ospedalieri - fanno sapere dalla dirigenza dell'ospedale Cardarelli - ciò per garantire spazi idonei, l'umanizzazione delle cure e un ambiente meno medicalizzato oltre che accessi senza limiti di orario ai parenti». In Campania esistono 9 hospice e la terapia del dolore, quando necessaria, è prevista in cartella clinica all'atto delle dimissioni e ricade dunque sulle competenze della medicina del territorio, dei distretti e delle Asl che tuttavia è come è noto carente e da rifondare. 

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L'appello riguarda dunque un tema assai avvertito in città proprio perché la rete di prossimità delle cure per i pazienti terminali o cronici (e non solo oncologici) ma in cui il dolore sovrasta ogni altro sintomo, è incompleta e insufficiente rispetto ai bisogni. Basta pensare alla offerta di cure domiciliari che, come illustrato di recente a Matera, nel convegno nazionale su questo tema, non è in grado di assicurare le richieste di tanti anziani e malati cronici. In città il Pascale e il Santobono sono le uniche strutture con un servizio intra-ospedaliero per trattare il dolore e alcuni posti letto dedicati ma specialisti e distretti del territorio non sempre hanno personale e mezzi per raggiungere tutte le famiglie. Accendere alle terapie contro il dolore è così spesso un'impresa irta di scogli e ostacoli che si traducono in ripetuti accessi in pronto soccorso o nel ricorso alle cure private.

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Il reparto del Cardarelli, nato nel 1977, storicamente diretto da Vincenzo Montrone (oggi guida dell'associazione No.do) doveva diventare un hub quando nel 2016 nacque la rete delle cure palliative mentre tale ruolo fu ereditato dal Pascale. «Il commissario governativo dell'epoca - ricorda Montrone - presentò un piano alla Regione che cancellava tutti i posti letto di terapia del dolore salvo poi fare marcia indietro per salvaguardare le unità già attive». Sulla scorta di questo secondo atto di programmazione il servizio del Cardarelli rimase in piedi andando avanti con la promessa di un potenziamento mai arrivato. Il colpo di grazia è stato il Covid che ha dirottato il personale rimasto in servizio presso la Fisiocinesiterapia fino a ridursi a un medico, una stanza e due malati. Ora arriva la chiusura disposta dal nuovo manager Antonio D'Amore che tuttavia si è detto disposto a tornare su suoi passi se il nuovo Piano ospedaliero dovesse prevederne una sorte diversa. «Un reparto, quello del Cardarelli - si legge nell'appello della Savastano - che ha offerto nel corso di tanti anni un faro di qualità soddisfacendo un bisogno reale». Da novembre insomma i malati terminali dovrebbero essere seguiti a domicilio. Ma tutti si chiedono se, nel concreto vi sarà la possibilità di attivare tale livello di assistenza che prevede la presenza di un infermiere che fa visita al paziente una volta ogni due giorni e un accesso medico una volta ogni 1015 giorni. Troppo poco per un paziente terminale e complesso che deve essere assistito senza sosta soprattutto nel caso di persone sole o alloggiate in abitazioni non idonee. «Il più grande ospedale del Mezzogiorno - conclude la capogruppo forzista - non può ignorare il problema del fine vita». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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