Palestre a Napoli, il pasticcio delle regole: «Così è difficile allenarsi»

Palestre a Napoli, il pasticcio delle regole: «Così è difficile allenarsi»
di Gianluca Agata
Giovedì 17 Settembre 2020, 08:30 - Ultimo agg. 08:33
4 Minuti di Lettura

Un metro di distanziamento. Arrivo in palestra con la mascherina, scarpe sanificate, controllo della temperatura. E poi? Una giungla, dove i protocolli delle federazioni sportive in materia di Covid differiscono tra di loro apparendo spesso in controtendenza. E un genitore con due bambini assiste a due comportamenti diversi, opposti, e paradossalmente corretti. Chi ha ragione? Tutti e nessuno. Sport che vai, protocollo che trovi.

Karate, Judo, Taekwondo, sport di contatto per antonomasia, prevedono la presenza di una quindicina di atleti in 60-80 metri quadri. Sanificazione totale, prima, durante e dopo mantenendo il distanziamento sociale finché è possibile ma una volta sul tatami tutto è possibile. Ovviamente ci si allena in presenza di autocertificazioni e temperatura. Sul ring niente è lasciato al caso. Autocertificazione, sanificazione, controllo della temperatura, test anti Covid, area tecnica di 5 metri interdetta ai non addetti ai lavori attorno al ring. Numeri telefonici di tutti i partecipanti alla serata. «La nostra federazione - commenta il presidente della federpugilato Lai - ha aspettato tutto l'evolversi delle risultanze del ministro della Salute e prevede un doppio protocollo: sanitario e organizzativo. La nostra attività, se attuata nel pieno rispetto dei protocolli, può consentire una pratica sportiva più che tranquilla».

LEGGI ANCHE Covid, al cinema plexiglass tra le poltrone 

La ginnastica rappresenta il paradosso. L'opposto rispetto agli sport di contatto ma la più penalizzata in termini di iscritti perché la più attenta in fatto di prevenzione. Basti pensare che in una sala di 60-80 metri quadri, lì dove 15 karateka potevano allenarsi, ci possono entrare solo cinque ginnaste. «I genitori - sostiene Aldo Castaldo, presidente della federginnastica campana - ci hanno chiesto il perché di questa situazione. Viviamo una situazione paradossale. Due palestre della stessa grandezza hanno numeri di atleti differenti in base allo sport». Il problema è che con così pochi tesserati, i corsi diventano antieconomici fermo restando i problemi di sanificazione e costi aggiuntivi che stanno mettendo in ginocchio le società, molte delle quali al collasso.

«L'ultimo protocollo - denuncia Luigi Santoro della Blue Devils - prevede la disputa di una partita ogni sei ore. Vale a dire che dalle 25-26 partite del week end scenderemo a una decina al massimo. Faccio allenare i bambini senza farli giocare. E poi sanifico i palloni, sono attento a tutti i protocolli. Ma i ragazzi sudano. E poi?». Santoro parla anche da padre. «Mia figlia fa nuoto dove non può fare la doccia. Io la posso far fare ai miei ragazzi. E ancora: con una ragazzina che mi torna a casa con i capelli bagnati, specialmente d'inverno che faccio? Le curo la cervicale?»
 


Il problema in casa volley è quello dei test sierologici da effettuare prima delle partite. «Questa storia ha tante contraddizioni - sottolinea il commissario della Fipav campana Guido Pasciari - stiamo cercando di togliere i test almeno per l'attività di base. Ma quello che sconcerta è ancora l'assenza di convenzioni per le palestre scolastiche che bloccano le attività e mettono in crisi le società». Anche il rugby ha un protocollo simile che richiede l'effettuazione di test sierologici rapidi per atleti, tecnici e staff societari di ogni età e categoria, prima della ripresa di gare, competizioni, allenamenti congiunti con altre società e amichevoli. Nella pallanuoto nessun test sierologico, le squadre non possono incrociarsi, ma in acqua, specie nella marcatura tra difensore e centravanti, è una tonnara. «Nel caso del tennis la praticabilità del nostro sport all'aria aperta - sostiene la presidente Virginia Di Caterino - lo rende uno sport da praticare in sicurezza e senza problemi di rispetto di distanze. È stata vietata la stretta di mano finale sostituita da un incrocio di racchette, come per ogni situazione sono vietati gli assembramenti a mezzo regolazione e differenziazione di entrata e uscita dai campi, unitamente al contingentamento del numero degli allievi durante i corsi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA