«Ritira subito la denuncia contro
l'estorsore»: parroco a giudizio

«Ritira subito la denuncia contro l'estorsore»: parroco a giudizio
di Leandro Del Gaudio
Sabato 2 Dicembre 2017, 22:58 - Ultimo agg. 3 Dicembre, 07:52
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Avrebbe tentato di far ritrattare la parte offesa nel corso di un processo per fatti di racket e camorra. Avrebbe fatto un ragionamento a senso unico, di quelli votati a zittire un teste o a indurlo a non confermare le accuse messe nero su bianco nel corso della prima parte delle indagine: «Vedi di ritirare la tua denuncia, anche perché non puoi sapere di qui a dieci anni cosa ti può accadere».
Parole che non sarebbero state pronunciate da un aspirante boss della camorra o da uno dei killer delle paranze, ma da un uomo al di sopra di ogni sospetto: si tratta di un sacerdote, di un parroco che da qualche anno conduce la propria missione in una parrocchia di Poggioreale e in un’altra chiesa di Casoria. 
Ne è convinta la Dda di Napoli, che ha ottenuto di recente il rinvio a giudizio di R.F., classe 1982, che dovrà affrontare un processo per un’accusa choc: subornazione di testimone con l’aggravante di aver favorito la camorra. In particolare, secondo le conclusioni della Procura, il sacerdote si sarebbe speso per aiutare un proprio parente a sua volta ritenuto legato alla costola dei Moccia a Casoria.

Pochi giorni fa è stato il gip Enrico Campoli a firmare il rinvio a giudizio a carico del parroco, sulla scorta di quanto sarebbe avvenuto nella seconda metà del 2015. Fatti che sono stati resi noti, almeno in parte, nel corso di una delle udienze di un processo al Tribunale di Aversa, a carico di alcuni presunti estorsori. Parliamo di una vicenda legata alla denuncia di un imprenditore che sosteneva di essere stato taglieggiato, la cui testimonianza è diventata poi il fulcro dell’inchiesta.

 
Stando a quanto sarebbe emerso nel corso del procedimento ad Aversa, il sacerdote si sarebbe mosso per ottenere una ritrattazione in grado di scagionare uno dei personaggi legati al malaffare di Casoria. Lo hanno dichiarato l’imprenditore (vittima di una presunta estorsione) e la madre, che - proprio nel corso dell’udienza che si è celebrata nel Tribunale di Napoli nord - hanno confermato il discorso che sarebbe stato fatto dal parroco. Mamma e figlio hanno così ricordato quelle parole pronunciate in almeno due occasioni differenti per zittire chi stava puntando l’indice contro un presunto estorsore. Vicenda delicata, nel corso della quale il sacerdote saprà dimostrare la correttezza della propria condotta, che va raccontata sempre a partire da quanto avvenuto nel Tribunale alle porte di Napoli. Convocato dinanzi ai giudici, il parroco non ha smentito di aver incontrato l’imprenditore e la madre. Anzi. Nella sua deposizione come testimone, il parroco avrebbe messo in campo tutta la sua attitudine a ritagliarsi un ruolo da protagonista nelle cose mondane: in aula con abiti talari, rispose alle domande sui presunti contatti avuti con l’imprenditore taglieggiato, fino a concludere con una sorta di battuta di sapore evangelico. In sintesi, il parroco ha ammesso che c’era stato un contatto con l’imprenditore: «Credevo che si trattasse di una pecorella smarrita e che avesse dichiarato il falso, per questo ho cercato di spingerlo su una strada diversa. Sono parente di un imputato, per me si tratta di una persona per bene, quindi ho cercato di redimere quella che credevo essere una pecorella smarrita».

Diversa invece la posizione del parroco, a proposito della frase minacciosa che gli viene attribuita dai due testimoni. Dinanzi ai giudici di Aversa, il parroco ha infatti negato di aver pronunciato la frase clou - quel «non sai tra dieci anni cosa ti può accadere» - parole per altro del tutto estranee al proprio orizzonte spirituale e al proprio modo di ragionare.

Fatto sta che, chiuso il processo di Napoli nord, la Dda ha deciso di approfondire il caso nato dalle dichiarazioni dei due testi e della strana deposizione resa in aula dal parroco. E le sorprese non sono mancate. Stando alle conclusioni del pool anticamorra, sembra che il parroco abbia fatto anche delle convocazioni ad hoc. Avrebbe incontrato per strada, nei pressi della stazione centrale un uomo legato alla famiglia dell’imprenditore, mentre tramite un’altra persona avrebbe convocato in parrocchia la madre dello stesso imprenditore taglieggiato. E non è tutto. C’è un altro aspetto su cui ha fatto leva la richiesta di rinvio a giudizio di R.F., a proposito di un incontro del parroco con il parente presunto estorsore in carcere, sempre e comunque grazie al proprio status di uomo di chiesa. 
Un’ipotesi rimasta per ora priva di riscontri, destinata ad essere oggetto di verifiche nei prossimi mesi, in attesa di quanto verrà fuori dal processo al sacerdote. Primo appuntamento in aula il 12 febbraio, dinanzi ai giudici della settima sezione penale, collegio A, quando il parroco dovrà difendersi dall’accusa di aver provato a condizionare uno o più testimoni, favorendo il gruppo criminale di Casoria a sua volta ricondotto ai Moccia. Una vicenda per la quale la Dda di Napoli, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, ha deciso comunque di informare la Curia, a proposito di un prete a giudizio per aver provato «a raddrizzare il cammino di una pecorella smarrita».
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