L'ex boss Scotti, il no del Tar: «Accuse non dimostrabili»

L'ex boss Scotti, il no del Tar: «Accuse non dimostrabili»
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 9 Novembre 2018, 12:25
3 Minuti di Lettura
Bocciato anche in via amministrativa, prima di essere stroncato sul nascere - e sul piano strettamente penale - come aspirante collaboratore di giustizia. Strana parabola per Pasquale Scotti, ex boss della nco di Cutolo, per trent'anni latitante in Brasile, prima di dichiarsi disponibile a collaborare con la giustizia: la sua esperienza di pentito è durata solo qualche mese, bloccata dalla stessa Dda di Napoli che ne aveva accolto le prime dichiarazioni, e a nulla è servito rivolgersi al Tar per ottenere la sospensione del provvedimento di revoca del programma di protezione riservato ai pentiti. È di questi giorni infatti il deposito del provvedimento amministrativo, con il quale viene respinta un'istanza di Pasquale Scotti, deciso a far valere le proprie ragioni fino alla fine, e con tutti i mezzi legali a disposizione, di fronte alla presa di posizione della Procura di Napoli.

Un breve prologo del caso Scotti. Pochi mesi fa, al termine di una valutazione delle dichiarazioni messe nero su bianco da Pasquale Scotti, la Procura di Napoli ha deciso di non concedere il programma definitivo di protezione riservato all'ex numero due della Nco. O meglio: si tratta di una revoca di provvedimento provvisorio di protezione assegnato a Scotti nei primi sei mesi di collaborazione, di fronte all'esigenza di vagliare e mettere a frutto le sue dichiarazioni da boss pentito. Ed è stato proprio il vaglio critico esercitato dalla magistratura napoletana a rendere inevitabile lo stop alla carriera di pentito dell'ex boss Scotti. Parole non nuove, non riscontrabili o, in terza battuta, non processabili (in quanto lontane nel tempo e riconducibili a personaggi ormai deceduti), secondo le conclusioni del pool guidato dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e dai pm Gianfranco Scarfò e Ida Teresi. Uno stop recepito e ratificato anche dalla Procura nazionale antimafia, contro il quale Scotti ha provato ad adire le vie legali. Si è rivolto al tar, facendo riferimento all'esistenza di una procedura già approvata dalla Procura che, in quanto tale, non poteva essere revocata. Ieri, il rigetto dell'istanza firmata da Scotti, con la notifica del provvedimento che conferma la legittimità formale del provvedimento adottato dai pm napoletani.
 
Ora l'ex braccio destro di Cutolo resta per motivi di sicurezza guardato a vista e, per motivi precauzionali, in un regime detentivo differenziato, ma da un punto di vista processuale non potrà contare su sconti e benefici che di volta in volta vengono concessi ai collaboratori di giustizia. Un tempo conosciuto come Pasqualino 'o collier (per un regalo fatto alla moglie di Raffaele Cutolo), ma anche come «l'ingegnere», Scotti ha vissuto in Brasile una sorta di «second life», all'insegna del basso profilo e del distacco rispetto al proprio passato criminale.

Dal 1984 fino al 2015, trentuno anni da uomo tranquillo, da persona impegnata nel campo degli affari, sotto il falso nome di Francisco De Castro Visconti, prima che gli uomini della squadra mobile lo stanassero nella sua dimora brasiliana Recife.

Un imprenditore impegnato nel campo della ristorazione, sposato e padre di due figli, un uomo dal basso profilo sempre rispettoso della legge e - almeno secondo questa prima fase investigativa - lontano dalla camorra e dagli interessi criminali della sua Casoria. In Italia, negli anni della sua latitanza, era stato condannato all'ergastolo per due omicidi, ma il suo ruolo nella trama nera dei delitti che hanno insanguinato l'Italia all'inizio degli anni Ottanta era stato sempre ritenuto decisivo. Basta fare qualche riferimento alle tante suggestioni che il nome di Pasquale Scotti da sempre si porta appresso.

Per decenni l'ex braccio destro di Cutolo è stato accostato al delitto del capo della Mobile Antonio Ammaturo (15 luglio 1982, fu ucciso assieme all'agente Pasquale Paola), ma anche alla presunta trattativa tra la camorra, i terroristi e lo Stato per la liberazione dell'assessore regionale Ciro Cirillo, dopo il riscatto versato alle brigate rosse.

Trame misteriose, scenari inconfessabili della «prima repubblica» destinati a rimanere nel chiuso di un archivio, di fronte a quelle dichiarazioni ritenute non processabili o non riscontrabili dai pm napoletani.
© RIPRODUZIONE RISERVATA