Patto per la sicurezza a Napoli, intervista al prefetto Palomba: «Mancano i dati sull'evasione scolastica»

Patto per la sicurezza a Napoli, intervista al prefetto Palomba: «Mancano i dati sull'evasione scolastica»
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 21 Gennaio 2022, 11:00 - Ultimo agg. 15:22
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Prefetto Claudio Palomba, il piano per Napoli è la possibile svolta in materia di sicurezza. Sono previsti metodi diversi rispetto al passato, anche se una delle criticità emerse riguarda la mancanza di una piattaforma in grado di unire tutti i dati legati alla evasione scolastica. Non trova che sia un controsenso rispetto a quanto annunciato anni fa, sempre in tema di emergenza minori?
«Ha fatto bene il ministro Lamorgese a indicare l'importanza di dare vita a una piattaforma di dati comuni per indicare in modo tempestivo le segnalazioni circa i casi di abbandono scolastico. Anche questa mattina, mi sono messo in contatto con l'ufficio scolastico regionale (che è scoperto da qualche mese, ndr) per avere dati aggiornati. Ci servono notizie attuali sulle assenze dai banchi, sulle criticità più marcate, sui campanelli di allarme che di volta in volta registriamo».

Prefetto, la sensazione è che - al netto di quanto si disse al cospetto del Csm a Napoli, nel 2018 - i dati arrivino al suo ufficio con una buona dose di ritardo. Non trova?
«Purtroppo non c'è un censimento capillare sui dati della dispersione scolastica.

Ho spiegato che il monitoraggio lo devo avere ogni mese. Ogni trenta giorni, pretendo una verifica attuale sui dati della dispersione scolastica. Non possiamo calibrare i nostri interventi, se non sappiamo cosa sta accadendo sul nostro territorio, se non abbiamo il polso della realtà in una realtà dinamica come il disagio minorile. Con o senza piattaforma telematica, voglio sulla mia scrivania i dati sulla dispersione scolastica. Non posso aspettare la fine dell'anno scolastico, per capire che abbiamo avuto uno, cento o mille problemi, a proposito di abbandono dai banchi».

Prima ha parlato di campanelli di allarme, a cosa si riferiva?
«Se un ragazzo comincia a macinare assenze, bisogna intervenire subito, altrimenti diventa più difficile fare prevenzione. Se ci muoviamo dopo un anno dall'abbandono della classe, si rischia che un ragazzino stia già in strada, magari a prestarsi ad attività illecite. Voglio sapere tutto e subito, qual è la famiglia, quali sono le sue frequentazioni e di chi è la responsabilità della sua fuga dai banchi. Dopo un anno, un caso che poteva essere recuperato subito rischia di diventare un problema penale, quindi più difficile da affrontare».

Le sembra normale che in questo periodo, quando il caso devianza giovanile a Napoli è al centro dell'agenda governativa, l'ufficio regionale sia acefalo da tempo?
«L'area qui è incandescente, bisogna colmare al più presto questo vuoto. Non è possibile lasciare un ufficio strategico di quelle dimensioni e di quell'impatto sul territorio senza una guida. Mi auguro che venga risolto al più presto questo tipo di problema».

Veniamo alla questione delle telecamere. Una su quattro non funziona. Come se ne esce?
«Nel piano parliamo dell'accordo con i privati, ad esempio con Confindustria. Bisogna fare in modo di garantire a chi investe nella sicurezza, procedure semplificate sotto il profilo amministrativo. È lo stesso criterio della zona a burocrazia zero, rispetto alla quale va fatta una precisazione, che sia chiara a tutti: agevolare e velocizzare non significa rinunciare a svolgere controlli o tollerare degli abusi. Anzi, è l'esatto contrario, in modo da rendere conveniente la sicurezza e attrattivo il territorio».

Quali sono le aree maggiormente sfornite di videocontrollo?
«Fuorigrotta, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, anche la zona della Vicaria. Sono punti strategici in cui possiamo intervenire con tutti gli strumenti messi in campo dal patto».

Quali?
«Restiamo a Fuorigrotta. Assieme al Comune, sono stati individuati locali nei pressi di via Leopardi, all'interno dei quali è possibile ospitare associazioni che lavorano sul territorio, mi riferisco ad enti sportivi, di volontariato. È un modello - come ha spiegato ieri il ministro - che va esteso a tutti i punti dell'area metropolitana. Lo Stato deve riappropriarsi del territorio e lo può fare anche attraverso la rete dei tavoli di osservazione, attorno ai quali convogliare le principali risorse del territorio. È un punto delicato perché investe l'assunzione di responsabilità di tutti».

Come funzionano i tavoli di osservazione?
«Sono coordinati da un delegato prefettizio, raccolgono le forze operative di un determinato spaccato metropolitano, in modo che ciascun cittadino possa sentirsi attore e non più semplice spettatore. Saranno allargati a esponenti della chiesa, della scuola, delle forze produttive in grado di fare qualcosa per l'ambiente in cui vive. È il metodo che cambia e noi crediamo in questo metodo». 

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