Pedofilia a Napoli, prete condannato a risarcire la vittima dopo 30 anni

Pedofilia a Napoli, prete condannato a risarcire la vittima dopo 30 anni
di Giuliana Covella
Giovedì 28 Ottobre 2021, 17:32
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«Oggi è una sentenza storica per tutte le vittime di pedofilia». Così Arturo Borrelli, 46 anni, commenta la decisione dei giudici del Tribunale di Napoli che hanno stabilito il risarcimento di tutti i danni causatigli dagli abusi sessuali subiti, 30 anni fa, dal sacerdote di Don Silverio Mura.

Una brutta vicenda, accaduta nel quartiere di Ponticelli, quando Arturo era solo un ragazzino e il prete era il suo insegnante di religione. Un caso che era stato portato alla ribalta in tv con Le Iene e poi su altri quotidiani e testate, in cui la vittima raccontava ciò che aveva subito da bambino. Un incubo che nella vita di Arturo era tornato in età adulta, quando faceva la guardia giurata e un giorno la sua memoria ha ricostruito l’inferno di quand’era bambino.

Era il 2010 quando Arturo denunciò il suo ex docente delle scuole medie per abusi sessuali perpetrati nei suoi confronti in maniera continuativa dal 1988 al 1991, quando aveva dai 13 anni ai 16 anni.

Dopo quella denuncia il religioso si era dileguato nel nulla, per poi essere ritrovato a insegnare in un istituto alberghiero di Cicciano (in provincia di Napoli) e far perdere nuovamente le tracce di sé. Solo in seguito si scoprì che don Mura era stato ospitato dalla Congregazione dei missionari della Divina Redenzione sulle colline dell’Oltrepò pavese sotto un nome fasullo.

L’uomo, sposato e con tre figli (di cui uno scomparso a 18 anni in seguito a un incidente), non ha mai smesso di lottare per ottenere verità e giustizia. Un risarcimento importante quello di oggi, perché arriva infatti nonostante il Tribunale ecclesiastico avesse assolto il sacerdote nel 2019 e il reato sia finito in prescrizione per il nostro sistema giudiziario. Attualmente il religioso, che in tutti questi anni ha continuato a insegnare, è sottoposto a processo per sostituzione di persona presso il Tribunale di Pavia, poiché aveva utilizzato un falso nome (quello di Don Saverio Aversano) trovando riparo sulle colline pavesi dopo le denunce presentate da Borrelli e da un’altra presunta vittima.

Oggi, in concomitanza con l'inizio del processo penale, è arrivato il deposito della sentenza del risarcimento in sede civile: «Non finisce qui - afferma deciso Arturo - adesso mi appellerò alla giustizia ecclesiastica, visto che mi ha dato torto. Voglio che chi ha commesso questo reato non faccia più il prete, mi sembra il minimo. Sono contento per tutte le vittime, perché questa è una sentenza storica». Soddisfatto anche Carlo Grezio, legale di Borrelli: «Si tratta di una sentenza che deve far riflettere oltre a far capire alle vittime di questi abusi che si può avere giustizia e che la verità può emergere anche a distanza di anni, con il reato in prescrizione».

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