Piazza Bellini, il giudice assolve i poliziotti: «Fu un blitz muscolare ma azione corretta»

Piazza Bellini, il giudice assolve i poliziotti: «Fu un blitz muscolare ma azione corretta»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 24 Giugno 2020, 09:00
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C'è la testimonianza di un passante, che ha confermato di aver visto che «tre ragazzi si rifiutavano di dare il documento alla polizia», ma anche una ricostruzione che coincide su un punto: l'alto livello di concitazione, che ha spinto la «polizia ad agire in modo muscolare»; una reazione che è stata comunque «corretta», in quanto «proporzionata al grado di resistenza» opposto dai tre soggetti fermati. Eccole le conclusioni del giudice per le indagini preliminari Chiara Bardi, a proposito dei fatti accaduti la notte dello scorso 14 giugno in piazza Bellini. Ricordate quei minuti ad alta tensione? E le polemiche sollevate dalla diffusione di alcuni video registrati nel corso degli interventi della polizia? Tre fermati, per i quali è scattato l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (parliamo di Pietro Spaccaforno di 39 anni, Fabiano Langella di 27 anni e Diego Marmora di 40 anni), accusati di resistenza a pubblico ufficiale. Ma su cosa si fonda quest'accusa? Tutti e tre gli indagati, dinanzi al gip si difendono ed escludono di aver agito per ostacolare il lavoro dei poliziotti. Ha spiegato Spaccaforno: «Ero in piazza Bellini, dove mi ero recato per bere una birra con alcuni amici, era l'anniversario di un evento triste, la morte di Valerio, un nostro amico. Gli agenti mi hanno chiesto il documento, mi sono limitato a chiedere se avessi fatto un reato, mi hanno ammanettato e hanno provato a spingermi in auto, mentre io cercavo di non entrare in auto, sono caduto e ho sbattuto il viso sulla parte posteriore dell'auto, mentre il mio braccio sinistro è rimasto bloccato dalle manette. Non li ho colpiti, mi sono limitato a dire solo che non volevo entrare in auto».
 

 

Inchiesta condotta dal pm Maria Teresa Orlandi, agli atti finiscono anche le dichiarazioni di un testimone - si chiama Giacomo Mellone - che si limita dal canto suo a ricordare una scena: «Ero in compagnia di amici, ho visto tre ragazzi litigare con la polizia, come se si rifiutassero di esibire il documento. Uno sventolava il documento e non lo voleva consegnare».
 

Anche gli altri due indagati ribadiscono invece la propria estraneità alle accuse. Ha detto Langella al gip: «Gli agenti si sono avvicinati a Spaccaforno, gli hanno chiesto i documenti, sono arrivati altri agenti, c'è stata una escalation, mi sono trovato sbattuto sul cofano dell'auto, ho declinato le mie generalità, poi ho chiesto a Spaccaforno cosa stesse accadendo, in cinque mi hanno fatto entrare in auto, ho lividi, ecchimosi e dolori al braccio, non ho agito con violenza nei confronti degli agenti». Stesso canovaccio da parte di Marmora: «Ho visto gli agenti chiedere a Spaccaforno di consegnare il documento di riconoscimento, mi sono limitato a chiedere il motivo del fermo, loro mi hanno detto che stavano facendo dei controlli, un agente ha anche aggiunto che non doveva darmi alcuna spiegazione. A questo punto - continua Langella - ho chiesto a un agente perché non avesse la mascherina, lui mi ha preso per il collo e mi ha condotto in questura». Versioni discordanti, sentiamo qual è la sintesi del gip: «Gran parte della condotta è stata esasperata dalla concitazione del momento e dalla confusione per cause indipendenti dalla volontà degli arrestati, al momento le versioni rese (comunque necessarie di altri approfondimenti) integrano l'ipotesi di reato di resistenza al pubblico ufficiale». E ancora: «La ferma resistenza dei tre da passiva diventa attiva nella fase della colluttazione, pertanto l'utilizzo della forza muscolare da parte della polizia è stata proporzionata al grado di resistenza opposta». Difesi - tra gli altri - dall'avvocato Annalisa Senese, i tre indagati puntano alla revoca del provvedimento.

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